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venerdì 28 febbraio 2025

PIÙ DI 80 PRODUTTORI E 180 CUVÈE: LA PRIMA DELL’ALTA LANGA ALLA VII EDIZIONE LA GRANDE DEGUSTAZIONE ANNUALE DELLE ALTE BOLLICINE PIEMONTESI SI TERRÀ A LA CENTRALE DI NUVOLA LAVAZZA A TORINO, LUNEDÌ 10 MARZO 2025

 

 




Saranno 82 i produttori, con più di 180 cuvée in degustazione, i protagonisti dell’edizione 2025 de La Prima dell’Alta Langa, l’annuale degustazione di tutte le cuvée dei soci del Consorzio Alta Langa dedicata ai professionisti del vino, buyer, operatori HORECA e alla stampa di settore, che si terrà a La Centrale di Nuvola Lavazza a Torino lunedì 10 marzo, dalle 9:30 alle 17:30 in via Ancona 11/A.

 

Promossa dal Consorzio Alta Langa e giunta alla settima edizione, La Prima dell’Alta Langa è un’occasione unica per degustare i millesimi attualmente in commercio delle Alte Bollicine Piemontesi, celebrando l’incontro tra produttori, operatori del settore e giornalisti.

 

Nell’occasione, alle 10:30, nella sala conferenze al primo piano sarà annunciata ufficialmente da parte dell’Assessore al Commercio, Agricoltura e Cibo, Caccia e Pesca, Parchi della Regione Piemonte Paolo Bongioanni la proclamazione dell’Alta Langa DOCG a Vino Piemontese dell’Anno per il 2025. 

 

Partecipazione - La partecipazione all’evento è riservata agli operatori professionisti ed è gratuita, previa registrazione.

 

Informazioni: eventi@altalangadocg.com

 

I produttori presenti a La Prima dell’Alta Langa 2025 saranno: Abrigo Fratelli, Agricola Brandini, Agricola TT, Anna Maria Abbona, Araldica Il Cascinone, Banfi, Bel Colle, Beppe Marino, Bera, Borgo Maragliano, Bosca, Bricco Maiolica, Ca' Bianca, Cantina Alice Bel Colle, Cantina Clavesana, Cantina Vallebelbo, Cantina Vinchio Vaglio, CarlindePaolo, Casa E. di Mirafiore, Cascina Bretta Rossa, Cascina Cerutti, Cascina Fonda, Cascina Galletto, Cavallero, Cerrino, Cerutti, Colombo, Contratto, Coppo, Cortino, Cuvage, Daffara & Grasso, Deltetto, Enrico Serafino, Ettore Germano, Ferraris Agricola, Fontanabianca, Fontanafredda, Fratelli Grimaldi, Gallo, Gancia, Garesio, Ghione, Giulio Cocchi, Isolabella della Croce, Ivaldi, La Fusina, La Torre di Castel Rocchero, LHV Avezza, Marcalberto, Marco Capra, Mario Giribaldi, Marziano Abbona, Massimo Rivetti, Matteo Correggia, Mauro Sebaste, Michele Mascarello & Figli, Monsignore, Paolo Berutti, Pasquale Pelissero, Pecchenino, Pianbello, Piazzo Comm. Armando, Podere Gagliassi, Poderi Colla, Poderi Vaiot, Rapalino Fratelli, Rizzi, Roberto Garbarino, Roccasanta, San Biagio, San Silvestro, Sara Vezza, Tenuta Carretta, Tenuta Il Falchetto, Tenuta Langasco, Tenuta Rocca, Tenuta Santa Maria del Garino, Terrabianca, Terre del Barolo, Tosti1820, Vite Colte.

 

Alta Langa DOCG Vino piemontese dell’Anno 2025 per la Regione Piemonte - L’Alta Langa DOCG è stato scelto dalla Regione Piemonte come Vino dell’Anno 2025 e rappresenterà la Regione nel corso dei principali eventi istituzionali. L’annuncio ufficiale verrà dato nella conferenza stampa che si terrà nell’ambito dell’evento La Prima dell’Alta Langa, alle 10:30 (accesso su invito). Saranno presenti, insieme all’assessore Paolo Bongioanni, il presidente del Consorzio Alta Langa Mariacristina Castelletta e il direttore Paolo Rossino.

 

Seminari - Due seminari per 30 persone ciascuno saranno organizzati nel corso dell’evento per approfondire storia e caratteristiche della denominazione. 

Gli storici del vino Pierstefano Berta e Giusi Mainardi racconteranno le origini e lo sviluppo del metodo classico più antico d’Italia dalle 12:00 alle 13:00; mentre il dottore in Scienze Naturali ed esperto di geologia Edmondo Bonelli parlerà dei suoli dell’Alta Langa dalle 16:00 alle 17:00. Dato il numero limitato di posti, le prenotazioni saranno accettate in ordine di arrivo al banco dell’accredito, nel corso dell’evento.

 

I partner - I partner di questa edizione saranno Crudo di Cuneo DOP, Roccaverano DOP, Il Pane Caldo del Mattino, S.Bernardo e AIS Piemonte.

 

La Centrale, Nuvola Lavazza - La cornice di questa edizione de La Prima dell’Alta Langa sarà La Centrale, presso Nuvola Lavazza a Torino: un luogo che coniuga design e storia.
Nella giornata del 10 marzo, è prevista anche un’apertura straordinaria del Museo Lavazza, dalle 11:30 alle 18:00. 

Situato all'interno di Nuvola Lavazza, headquarters del Gruppo, il Museo Lavazza, è un innovativo museo d’impresa, che permette di intraprendere un viaggio sensoriale nella cultura globale del caffè, intrecciando il racconto dell’azienda, con il racconto della famiglia Lavazza, con la storia di Torino, e quella industriale italiana del XX secolo, fino ad allargare lo sguardo al mondo. Una tazzina di caffè interattiva, un ricco impianto multimediale e testi evocativi accompagnano i visitatori e permettono una fruizione personalizzata e immersiva. Il Museo è organizzato in cinque Sale: Casa Lavazza riassume 130 anni di storia, La Fabbrica si concentra sulla produzione del caffè, La Piazza ne celebra il rito, L’Atelier racconta le collaborazioni creative dell’azienda e l’Universo invita a trovare il proprio posto nell’esperienza Lavazza.

 

Info e biglietteria del Museo Lavazza: https://www.ticketlandia.com/m/event/ingressomuseo25






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venerdì 14 febbraio 2025

Rebarba, la Barbera d’Asti affinata in musica dal maestro Peppe Vessicchio È nata la versione Superiore con la vendemmia 2021

 


 

 

Si completa così l’estroso progetto delle Cantine Post dal Vin di Rocchetta Tanaro (Asti): la produzione annua è di circa 10 mila bottiglie con anche un’etichetta biologica

Una Barbera d’Asti affinata in musica da un grande maestro d’orchestra e compositore. Accade a Rocchetta Tanaro, borgo di poco più di 1500 abitanti immerso tra vigne e boschi del parco naturale nel cuore del Monferrato astigiano. Un luogo che il cantautore Bruno Lauzi definiva “terra di quieta follia” e che oggi incontra il genio e la sensibilità musicale di un napoletano d’eccezione: Peppe Vessicchio, noto al grande pubblico come il maestro del Festival di Sanremo. E proprio nei giorni del più famoso festival della canzone, Vessicchio firma un nuovo progetto: una Barbera d’Asti Superiore vendemmia 2021.

L’idea nasce nel 2016 dall’amicizia tra Vessicchio, il cuoco Beppe Sardi e Giulio Porzio, presidente della cantina Post dal Vin: un progetto innovativo e affascinante che ha portato alla creazione di Rebarba, una Barbera d’Asti affinata con la tecnica dell’armonizzazione musicale.

 «Il maestro Vessicchio – racconta Porzio - ha prima fatto una prova su una nostra bottiglia di Barbera e abbiamo visto che il vino armonizzato con la sua musica era più morbido e piacevole. Così abbiamo sposato questo stravagante, innovativo e divertente progetto. Da alcuni anni il maestro viene regolarmente in cantina ad armonizzare le botti colme di Barbera». 

Nella vendemmia 2021 si aggiunge anche un altro tassello al progetto Rebarba con l’uscita di una Barbera d’Asti vinificata con uve conferite da soci che coltivano in biologico. 

In tutto la produzione annuale è attorno alle 10 mila bottiglie di cui 8 mila Rebarba Barbera d’Asti, 2 mila la versione biologica e altre 2 mila la Superiore.



IL VINO E L’ARMONIZZAZIONE IN MUSICA

Il maestro Vessicchio ha messo alla prova la sua teoria su una bottiglia di Barbera e il risultato è stato sorprendente: il vino armonizzato con la sua musica risultava più equilibrato e piacevole al palato. Da qui la decisione di sperimentare su scala più ampia, con il maestro che da allora visita regolarmente la cantina per armonizzare le botti colme di Barbera. Il trattamento viene spiegato direttamente da Vessicchio: «Dopo tre anni di risultati affermativi forniti da palati eccellenti in seguito a test dimostrativi, la tecnica di “armonizzazione” del vino promossa e attuata da me in collaborazione con Michele Carone e Andrea Rizzoli arriva nelle terre della Barbera d’Asti. Le nuove aggregazioni supra-molecolari indotte da questo affinamento chiamato Freman, FREquenze e Musica Armonico-Naturale, sono riscontrate come migliorative del prodotto sotto vari aspetti, anche quello della digeribilità. Questa nuova condizione è anche testimoniata da strumentazioni usate in ambito fisico». 

Il compositore non è nuovo a questo genere di sperimentazioni: già in passato aveva utilizzato Mozart tra i filari per tenere lontani oidio e peronospora dalle viti di nebbiolo nel Roero. Ora si spinge oltre con dei complici d’eccellenza nel Monferrato, confermando un’altra convinzione di Lauzi: “I piemontesi sono brasiliani con la nebbia dentro”. 

Il nome Rebarba è stato scelto dallo stesso Vessicchio: un anagramma di Barbera che richiama anche il suo celebre aspetto con barba folta. Anche l’etichetta riporta un disegno stilizzato che ricorda il volto del maestro.

 



LE CANTINE POST DAL VIN

La Cantina Post dal Vin, fondata nel 1959, è un punto di riferimento per la produzione di Barbera d’Asti e altri vini piemontesi di qualità. Con 35 soci conferitori e circa 120 ettari di vigneti, produce ogni anno 90 mila bottiglie, selezionando le migliori uve per garantire standard qualitativi elevati. Situata a Rocchetta Tanaro, nell’Astigiano, la cantina ha una forte vocazione per la tradizione e l’innovazione. Il progetto Rebarba è un ulteriore passo avanti nella ricerca di metodi di produzione che esaltino le peculiarità della Barbera, portando il vino a un livello superiore di espressione e piacevolezza.

 

VINI

Il grande protagonista di queste terre è il Barbera. Proprio da Rocchetta Tanaro, grazie all’audacia e alla visione imprenditoriale delle aziende vitivinicole locali, la Barbera ha conquistato i mercati internazionali, trasformandosi da semplice vino da pasto a un grande rosso di prestigio. Oggi, la sua piacevolezza e struttura raggiungono livelli di eccellenza.

Ma queste terre non regalano solo straordinari Barbera: qui nascono anche altri vini tipici e DOC, sia rossi che bianchi, grappe di carattere e lo straordinario Spiritoso, il primo Barbera aromatizzato, perfetto come digestivo e sorprendente nell’abbinamento con dolci e formaggi.

 

POST DAL VIN IN NUMERI

1959 anno di fondazione della cantina sociale

35 soci conferitori

120 circa ettari di vigneti

90 mila bottiglie

22 mila bag in box (3 e 10 litri)

2500 ettolitri di vino sfuso

1,5 milione di euro fatturato annuo

mercoledì 12 febbraio 2025

Banca del Vino Acqui Terme: il 18 febbraio verticale di Nizza Docg Sette vini della cantina Dacapo di Agliano Terme (At) in degustazione all’Osteria Bo Russ. Serata con la produttrice Renata Bonacina intervistata da Laura Norese, collaboratrice guida Slow Wine

 

 

 

La sede di Acqui Terme della Banca del Vino organizza un nuovo appuntamento per gli amanti del vino:  un viaggio nella storia e nell’evoluzione del Nizza DOCG attraverso una degustazione guidata da Renata Bonacina (foto), produttrice della cantina Dacapo di Agliano Terme (AT), moderata da Laura Norese, collaboratrice della guida Slow Wine. L’evento, organizzato dalla Banca del Vino – sede di Acqui Terme, è in programma martedì 18 febbraio alle 20, all’ Osteria Bo Russ – Via Giuseppe Garibaldi, 98, Acqui Terme (Al) e offrirà agli appassionati l’opportunità di esplorare annate storiche e recenti di uno dei vini più rappresentativi del Monferrato.

 

I vini in degustazione:

  • Ruchè di Castagnole Monferrato Majoli 2023
  • Piemonte Pinot Nero Cantacucco 2013
  • Piemonte Pinot Nero Cantacucco 2021
  • Nizza Vigna Dacapo 2020
  • Nizza Vigna Dacapo Riserva 2018
  • Barbera d’Asti Superiore Nizza Vigna Dacapo 2013
  • Barbera d’Asti Superiore Nizza Vigna Dacapo 2011

 

Il programma della serata:

La degustazione inizierà con un vino fresco e gioioso, il Ruchè di Castagnole Monferrato, per poi proseguire con due annate di Pinot Nero, rivelando l’evoluzione di questo vitigno nel tempo. Il cuore della serata sarà dedicato al Nizza DOCG, con un viaggio sensoriale tra le diverse annate, fino a risalire al periodo in cui questa denominazione rientrava ancora sotto la classificazione di Barbera d’Asti sottozona Nizza.

 

Focus sulla denominazione Nizza DOCG:

Grazie alla Banca del Vino di Pollenzo, che ha custodito annate storiche di questo straordinario vino, la serata includerà un approfondimento sulla denominazione Nizza DOCG. La produttrice Renata Bonacina condividerà la sua esperienza e la filosofia produttiva della cantina Dacapo, raccontando il percorso che ha portato la sua azienda alla certificazione biologica a partire dalla vendemmia 2020.

 

Osteria Bo Russ, eccellenza di Osterie d’Italia

Ad accompagnare la degustazione sarà servito un piatto tipico del territorio, preparato da Eugenio Nani dell’Osteria Bo Russ: polenta e cinghiale. Sarà disponibile anche una versione vegetariana della polenta per soddisfare tutte le esigenze.

 

Dalla voce della produttrice:

 “Il Nizza è il fiore all’occhiello della nostra azienda e siamo felici che, con la vendemmia 2020, diventi anche un vino biologico,” racconta Renata Bonacina nell’intervista realizzata da Laura Norese per la guida Slow Wine 2024. “Marne sabbiose, tufo e una composizione variegata di suoli contribuiscono alla struttura e longevità del vino. La Barbera ha una spiccata acidità che dona freschezza e grande bevibilità, anche in un vino di struttura come il Nizza. Il disciplinare prevede una resa di 70 quintali per ettaro, inferiore ai 90 del Barbera d’Asti. Noi lavoriamo con una vigna storica piantata nel 1960, che produce naturalmente meno, intorno ai 50-55 quintali per ettaro, garantendo un Nizza più concentrato e complesso.”

 

Iscrizioni e informazioni:

Per partecipare all’evento è richiesta la prenotazione. Iscrizioni disponibili al link:
https://ideasiti.wine/prodotto/verticale-di-nizza-con-renata-bonacina-della-cantina-dacapo-ca-ed-balos/

 

Chi è la Banca del Vino

Realtà unica al mondo, la Banca del Vino ha l’obiettivo di esprimere la grande ricchezza di territori, terreni e vitigni autoctoni della nostra penisola. Un patrimonio biodiverso inestimabile in un paese come l’Italia dove – caso unico al mondo -in ogni regione si produce vino. Oggi attraverso il progetto “Club Banca del Vino”, le cantine selezionate e aderenti contribuiscono a sostenere la cultura del vino attraverso iniziative promozionali ed educative. Sono oltre 50.000 le bottiglie custodite nelle Cantine Storiche dell’Agenzia di Pollenzo, il cui complesso architettonico nasce nel 1835, per volontà di Carlo Alberto di Savoia. Era il centro direttivo delle tenute sabaude e il cuore delle sperimentazioni agro-enologiche. L’idea di restituire a un utilizzo pubblico l’intero edificio risale alla fine degli anni Novanta, grazie ad un’iniziativa dell’associazione internazionale Slow Food. Al suo interno, oltre alla Banca del Vino, troviamo la sede della prima Università degli Studi di Scienze Gastronomiche al mondo, le Tavole Accademiche e l’Albergo dell’Agenzia. Un polo che continua a lavorare per essere un punto di riferimento per la politica alimentare di alta qualità e la cultura eno-gastronomica internazionale.

 

Chi è Laura Norese

Laura collabora con Slow Wine dal 2017, un’esperienza che l’ha portata a scoprire la straordinaria diversità di cantine e vigneti tra Monferrato, Langhe, Roero, Gavi e Colli Tortonesi. La sua missione, attraverso le serate della Banca del Vino, è trasformare ogni incontro in un momento di arricchimento culturale e umano.

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martedì 11 febbraio 2025

985-2025: Le 40 vendemmie dell’azienda vitivinicola Cieck Oggi sono 15 ettari di vigneti nel cuore dell'Erbaluce, vitigno bianco antico e autoctono del Canavese. La scommessa vinta di Remo Falconieri, classe 1933

 






L’azienda vitivinicola Cieck festeggia le sue prime 40 vendemmie. L’azienda nasce nel 1985 a pochi chilometri da San Giorgio, ad Aglié. All’inizio fu un gioco. Voleva essere una piccola Casa spumantiera. Remo, classe 1933, figlio di contadini e progettista di macchine da scrivere all’Olivetti, fa un viaggio in Francia per imparare a fare lo spumante. Nel 1985, inizia con pochi ettari di vigneto e la prima vinificazione: poco più di 2500 bottiglie di Erbaluce Metodo Classico. Entrò in commercio nel 1987. Fu l’esordio dell’azienda Cieck che porta il nome della vecchia cascina di Aglié dove prese avvio l’attività. Ora la cantina si è trasferita in località Castagnola a San Giorgio Canavese, tra Torino e Ivrea. Coltiva 15 ettari di vigneti. È quasi tutto Erbaluce, vitigno bianco antico e autoctono del Canavese. Il resto sono sempre vitigni autoctoni: Nebbiolo, Barbera, Neretto, Freisa. La particolarità di questa zona sono i vigneti a pergola, ovvero un sistema di allevamento che crea appunto degli ampi pergolati in vigna. L’uva si vendemmia raccogliendo i grappoli in alto. 

 

Chi è Cieck

Cieck sono in tre: Domenico Caretto è l’agronomo e si occupa dei vigneti e della cantina; Lia Falconieri si occupa dell’amministrazione, della parte commerciale e della comunicazione; Remo Falconieri, il fondatore, «l’Archimede delle bollicine» come lo battezzò Carlin Petrini, a 80 anni e più, ogni giorno alle 8 del mattino è il primo ad arrivare in cantina. La cantina si avvale della consulenza esterna dell’enologo Gianpiero Gerbi. Ora ha anche un giovane enologo interno Tommaso Scapino. 




Vigneti con l’anima

Ogni vigneto ha un nome, un’anima, una storia. Il più antico è il Misobolo che oggi è il nome di un Erbaluce. Qui c’è ancora una vite a piede franco che ha quasi un secolo di vita. Fu impiantata prima dell’attacco di filossera di inizio 900. La custodiscono con cura. Misobolo è un nome catastale storico del paese: vi si trova un santuario dove è seppellita Teresa Belloch, cantante lirica, musa di Giocchino Rossini. Qui produceva l’uva a fine 800 Pietro Falconieri, trisavolo di Lia. Affascinato dal metodo Martinotti, appena nato, provò a farlo anche lui con una botte molto robusta. Era il «vin sfursà» che si teneva a fermentare spontaneamente nella botticella fino alla settimana di Pasqua quando era tempo di toglierlo dalla botte e berlo. Poi ci sono il vigneto Brajassa della Mariuccia, la zia di Domenico; il vigneto Castagnola; il vigneto Cascinetto; il vigneto Biaulej (delle Betulle). I vigneti di Freisa sono di Carlin, papà di Domenico. Continuano a coltivare per affetto anche due piccoli filari di pinot grigio di nonno Giacomo

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Vigneto Misobolo: sono i filari storici. Dal 1990 è il nome di un Erbaluce. Oggi viene rivendicata la menzione vigna. Circa 1,8 ettaro. 

Vigneto Brajassa: era di proprietà della signora Mariuccia, la zia e madrina di Domenico. Più di un ettaro di Erbaluce. 

Vigneto Castagnola: i filari che abbracciano la cantina nuova. Poco meno di un ettaro impiantato a Erbaluce.

Vigneto Cascinetto: è un piccolo vigneto piantato da Marilena e Remo, appena dopo le nozze nel 1968. Era tutta Erbaluce. Marilena ancora oggi beve solo vino bianco. 

Vigneto Biaulej (delle Betulle): filari di nebbiolo, neretto e erbaluce

 

Cantina

La nuova cantina nasce nel 2013 nel cuore dei filari di Erbaluce, in un vigneto già di proprietà dell’azienda a San Giorgio Canavese. Un progetto moderno, tecnologico e green insieme, per venire incontro alle nuove necessità dell’azienda e alle esigenze di risparmio energetico. Ci sono pannelli solari per la produzione di acqua calda, un impianto di fitodepurazione per il trattamento delle acque reflue in cantina, il riciclo dell’acqua piovana per il riutilizzo in cantina nella pulizia dei mezzi agricoli. 

VASCHE: la zona di fermentazione è dotata di vasche in acciaio inox moderne termo-condizionate. Tutte le fermentazioni dei vini avvengono a temperatura controllata. La cella frigo serve per la conservazione delle uve in vendemmia in condizioni di caldo estremo. All’occorrenza può essere riscaldata per avviare la fermentazione malolattica nei vini rossi.

CANTINA DI AFFINAMENTO: qui avviene lo stoccaggio degli Spumanti Metodo Classico che riposano sui lieviti per molti mesi, e dei vini rossi che necessitano di affinamento. Vengono utilizzate barriques e tonneaux per l’affinamento dei vini bianchi, rossi e passiti. Le bottiglie di Metodo Classico vengono messe nelle pupitres dove si fa il remuage manuale ovvero la rotazione periodica delle bottiglie capovolte perché il sedimento si depositi sul tappo.


 

PASSITAIA: è la stanza dove avviene il processo di appassimento delle uve Erbaluce che diventeranno Alladium. L’appassimento è naturale, senza alcuna forzatura. Viene utilizzata ancora una tecnica tradizionale risalente all’800: i grappoli vengono selezionati e appesi a uno a uno su appositi telai. Questo permette una ventilazione dei grappoli maggiore e li preserva dallo sviluppo di muffe e batteri nocivi senza ostacolare l’azione della botritis, la muffa nobile, che caratterizza il passito. I grappoli restano lì per 4-5 mesi, da settembre a gennaio/febbraio. Poi gli acini vengono diraspati e pressati delicatamente. La prima fermentazione avviene in acciaio, poi il passito riposa per almeno 5 anni in piccole botti di rovere francese e di Slavonia. Le barrique permettono una buona ossigenazione, ma occorre ricolmare periodicamente perché il legno assorbe molto prodotto

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Il territorio

La terra del Canavese ha avuto origine dal Ghiacciaio Balteo che trascinò dalla Valle d’Aosta un terreno ricco di numerosi minerali. Ebbe così origine l’Anfiteatro Morenico di Ivrea, diviso a metà da un fiume: la Dora Baltea. Le varietà di minerali si ritrovano nel vino prodotto in queste terre ed è anche la peculiarità dei vini Cieck.

TERROIR: Le peculiarità dei vini Cieck sono collegate alle caratteristiche del clima e dei terreni dove sono impiantati i vigneti. La culla e la casa della denominazione Erbaluce di Caluso è rappresentata dall’Anfiteatro Morenico di Ivrea, nato dal ghiacciaio discendente dalla Valle d’Aosta durante il Pleistocene. I suoli si formarono dai detriti che furono trasportati e collocati dal ghiacciaio tra 900.000 e 19.000 anni fa, durante dieci periodi glaciali. Il suolo così formato è ricco di scheletro e costituito principalmente da sabbia, sassi e ciottoli. La valle della attuale Dora Baltea è l’unica a essere scavata attraverso tutte le grandi placche tettoniche delle Alpi. Per questa ragione l’Anfiteatro Morenico di Ivrea mostra una varietà di minerali più ampia rispetto a altri anfiteatri delle Alpi, con una ricca presenza di rocce metamorfiche sia silicatiche che carbonatiche. Questa particolare ricchezza di minerali conferisce ai vini una sapidità particolarmente ricca di sensazioni minerali.

L’ANFITEATRO MORENICO DI IVREA: Visto più in dettaglio, l’Anfiteatro Morenico di Ivrea è formato da rilievi bassi in forma di altopiano soprattutto sul versante meridionale: si coltiva Erbaluce tra 200 e fino a oltre i 500 metri sul livello del mare. Le zone vitate sorgono su terreni acidi e sciolti, di matrice molto recente e con buono scheletro, composti di sabbia, ciottoli e pietre e in minima parte di limo e argilla. Sono terreni poveri che stimolano poco la crescita della pianta. Tuttavia man mano che le radici delle viti si approfondiscono trovano negli strati inferiori terreno più ricco, in alcuni casi anche con discrete percentuali argillose.

 

I vitigni autoctoni

L’ERBALUCE: Le prime notizie del vitigno Erbaluce risalgono al 1606, menzionato da Giovan Battista Croce, gioielliere presso il duca Carlo Emanuele I, con il nome di «Elbalus». Riguardo alle sue origini, nel corso del tempo si sono formulate varie ipotesi: la prima è che discenda del Greco di Bianco e sia giunto in Canavese al seguito dell’esercito Romano dopo essere Partito dalla Tessaglia e transitato in Magna Grecia. La seconda è che la sua antenata sia una varietà di Clairette Blanche francese (diffusa in Cote du Rhone), e sia quindi imparentato con l’Airen spagnolo e il Rhoditis Greco, e sia poi giunto in Canavese nel periodo di Carlo Magno. L’ultima ipotesi, la più accreditata, è che si tratti di un vero vitigno autoctono canavesano, legato all’uva Rhaetica o Raetica, già citata all’epoca di Plinio il Vecchio (I sec. d.C.). Il bel nome antico del vitigno, Albalux, pare derivi dal colore che assumono gli acini in autunno: i riflessi rosati e caldi si fanno più intensi, ambrati, nelle parti esposte al sole. L’Erbaluce è uno dei vitigni più versatili: dà origine a tre tipologie distinte di vino nell’ambito di una stessa denominazione: vino bianco fermo, spumante metodo classico e passito. L’erbaluce ha la capacità di accumulare zuccheri fino a medie concentrazioni mantenendo un tenore acido notevole. L’elevata acidità naturale consente di ottenere un’ottima base spumante e dà ai vini la capacità di invecchiare. È inoltre ricco di estratto, ha potenziale alcolico medio basso, pochi aromi liberi, ma diversi precursori di aroma. L’erbaluce ha una buccia spessa, croccante, resistente. Lo spessore della buccia comporta una buona resistenza agli attacchi fungini e un ottimo sviluppo in un ambiente umido come quello del Canavese e consente ottimi risultati con la pressatura diretta, necessaria per realizzare un’ottima base spumante. Il grappolo inoltre si presenta mediamente spargolo, consentendo ottimi risultati con l’appassimento. Il riconoscimento della denominazione avvenne nel 1967: fu tra i primi vini italiani a essere tutelato. Il riconoscimento della Denominazione di origine controllata e garantita è avvenuto con Decreto dell'8 ottobre 2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 248 del 22.10.2010. 

 

IL VIGNETO ERBALUCE: Il vigneto di Erbaluce è tradizionalmente un vigneto coltivato in forma di pergola. La pergola Canavesana o pergola di Caluso è a falda piatta di altezza compresa tra i 180 e i 200 cm. Il sesto di impianto medio è di 4 metri per 2 metri, che porta a una densità di impianto di 1300 piante per ettaro. La potatura tradizionale è detta «a tre punte» con tre capi a frutto con 10 gemme all’estremità. Vi è uno sperone, un capo a frutto, un capo a frutto di 2 anni e infine un terzo capo a frutto su un tralcio di tre anni. Questo sistema comporta che tutte le principali operazioni in vigneto, potatura, potatura verde e vendemmia debbano svolgersi a mano.

 

LA LEGGENDA DELLA NINFA ALBALUCE: Esiste anche una leggenda sull’origine dell’Erbaluce. Si narra che le colline moreniche formate dai ghiacciai fossero un tempo abitate da Ninfe. Un giorno la Ninfa Alba vide il Sole e s’innamorò. Un amore impossibile perché i due innamorati non potevano incontrarsi. Fu così che la Luna decise che, al sorgere del Sole, non avrebbe abbandonato la volta celeste, permettendo al Sole di raggiungere di nascosto la terra per incontrare la sua amata Ninfa Alba. Da quell’eclissi, nacque Albaluce, una meravigliosa creatura dalla pelle di rugiada, capelli lucenti e occhi azzurri. Così bella che divenne oggetto di venerazione finché le risorse del lago non bastarono più, e fu necessario ricavare nuova terra da coltivare. Si scavò un grande canale per far defluire le acque del lago ma le acque travolsero tutto, seminando morte. La ninfa Albaluce pianse per il dolore. Le sue lacrime, toccando terra, diedero in dono una vite con grappoli di succosa uva bianca. Nacque così l’Erbaluce. 

 

IL NERETTO DI SAN GIORGIO: Il Neretto di San Giorgio (Nerèt ‘d San Giors) è un vitigno coltivato da molti secoli nel Canavese, in particolare nelle zone di San Giorgio, Bairo e Valperga. Un tempo molto diffuso, oggi la sua coltivazione è ridotta a pochi ettari: la sua produttività modesta e incostante, quindi poco redditizia, ne ha causato l’abbandono in favore di vitigni più produttivi. Si tratta di uno dei vitigni autoctoni più particolari. Non somiglia a nessun altro vino piemontese: rustico, erbaceo, con pochi tannini che lo rendono elegante e adatto all’invecchiamento. Il professor Vincenzo Gerbi lo definisce “un vino di profilo sensoriale più internazionale e meritevole di un’adeguata valorizzazione”. La storia del Neretto è stata ricostruita dalla studiosa Enza Cavallero. Sui vini del Canavese, scrisse per primo Sante Lancerio, bottigliere del papa Paolo III Farnese all’inizio del XVI secolo. Di vitigni e non solo di vini scrisse, nel 1606, Giovanni Battista Croce, gioielliere di corte Savoia, indicando il Neretto fra le uve nere che crescevano “nella montagna di Torino”. Nel 1796, anche il conte Giuseppe Nuvolone, vice direttore dell’Accademia di Agricoltura di Torino, cita quest’uva. Ma bisogna attendere il 1833 per veder descritti accuratamente i vari Neretti del Canavese, opera del medico Lorenzo Francesco Gatta. Il Neretto di San Giorgio oggi è iscritto al Catalogo Nazionale delle Varietà di Viti e si può coltivare nelle province di Torino e Vercelli. È anche conosciuto con i sinonimi dialettali di ‘d Romen, Neretin, Pcit. 

 

IL VITIGNO NERETTO: Il Neretto è un vitigno che ha un ottimo sviluppo vegetativo, per questo necessita di forme di allevamento espanse e di una potatura lunga e ricca. Tuttavia, la produttività del Neretto non è mai molto elevata, soprattutto quando le vigne sono giovani o nelle annate più complesse, generalmente quelle in cui piove molto ai tempi della fioritura. È un’uva di ottima maturazione, poco acida e bene equilibrata. La maturazione del Neretto è media o medio-tardiva, contemporanea a quella dell’uva Barbera. A maturità, il grappolo è di medie dimensioni, cilindrico, compatto; il peduncolo ha media lunghezza. L’acino è medio/grande, ellissoidale, con una buccia abbastanza spessa e ricca di pruina, dal caratteristico colore blu/nero dalle sfumature grigiastre.

 

LA LEGGENDA DELLE MASCHE: A quanto pare, nella cantina dei Ciech, come ai tempi si chiamava l’azienda, giravano donne che avevano fama di essere delle masche, le streghe che vivono nelle campagne e nei boschi piemontesi. Queste masche abitualmente, nel pieno della notte, si trovavano con il diavolo, tra i filari e la nebbia, per consumare momenti di passione che lasciavano i segni nel terreno. È proprio per coprire questi segni che le masche piantavano viti di Neretto, un’uva scura, elegante e polposa, che davano origine a vini di grande carattere e corpo.

 

Fivi

Cieck è iscritta alla Fivi, la Federazione italiana vignaioli indipendenti, che riconosce come valore le aziende che hanno una filiera vitivinicola: l’uva che parte dal vigneto e arriva in bottiglia. www.fivi.it 

 

Associazione Nazionale Le Donne del Vino

Lia è una Donna del Vino. Fa parte dell’Associazione nazionale che riunisce oltre 1200 imprenditrici. Nata nel 1988, conta tra le sue associate produttrici, ma anche ristoratrici, enotecarie, sommelier e giornaliste.  www.ledonnedelvino.com

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giovedì 6 febbraio 2025

COCCONATO D’ASTI CELEBRA LA SUA STORIA ENOGASTRONOMICA CON “BANCHETTI ENOGASTRONOMICI”: UN PERCORSO DI CENE IN CUI LA TRADIZIONE PIEMONTESE INCONTRA LA GRANDE CUCINA DI ESCOFFIER

 


 

 Dal 21 febbraio all’8 maggio, per sei appuntamenti con la buona tavola

Cocconato, incastonata nel cuore del Monferrato in provincia di Asti, si prepara a riscoprire e celebrare le proprie radici enogastronomiche con il ciclo di cene “Banchetti Enogastronomici”.

Tra la fine di febbraio e l’inizio di aprile, il paese ospiterà una serie di appuntamenti che intrecciano la storia e la tradizione del borgo alla sua grande vocazione alla ricerca e all’alta cucina. 

L’iniziativa, frutto della collaborazione tra il Consorzio Cocconato Riviera del Monferrato, l’Associazione Discepoli di Escoffier e il Comune di Cocconato, si arricchisce di un elemento speciale che fa da fil rouge tra i diversi menu: la preparazione del celebre fricandò.

Il fricandò e il legame storico tra Escoffier e Cavallito - Il ciclo di cene si sviluppa lungo un itinerario che non solo valorizza i sapori autentici della tradizione piemontese, a partire dalle materie prime, ma rende anche omaggio a una storica connessione con la cucina francese. 

Cocconato, infatti, vanta di aver dato i natali al primo collaboratore italiano di Auguste Escoffier, Silvestro Cavallito, che inaugurò nel 1924, presso l’antico locale 'Bottiglieria della Pompa' (oggi Agriturismo Osteria della Pompa), una tradizione che continua ad animare il territorio.

Una delle ricette elaborate dal grande cuoco francese, il fricandò (fricandeau), sarà al centro della rassegna. Ogni ristorante coinvolto prenderà parte a una sorta di “tenzone culinaria”, preparando il fricandò in chiave originale. I commensali e un pubblico di esperti saranno chiamati a votare il miglior fricandò, trasformando ogni cena in un’occasione di confronto e divertimento, che rievoca un’epoca in cui la cucina era teatro di sperimentazione, innovazioni e scambi culturali.

Un itinerario di sapori e incontri - Il calendario dei “Banchetti Enogastronomici” prevede appuntamenti imperdibili.

Osteria della Pompa propone il 21 e 22 febbraio un buffet di antipasti della tradizione piemontese, seguito da un risotto con riduzione di Bonarda, salsiccia di vitello e catalogna. Il secondo è il fricandò alla Maroero e come dolce viene servita la torta di Maroero. Vini Marovè. Per prenotazioni è possibile contattare il numero 0141 600075.

L’Osteria propone il 7 e 8 marzo una cipolla ripiena con salsiccia e robiola di Cocconato come antipasto. Seguono una ratatouille di verdure con polenta croccante e gli agnolotti al sugo d’arrosto. Il secondo piatto è il fricandò, mentre come dessert viene servita la torta di nocciole con zabaione. Vini Benefizio di Cocconito. Le prenotazioni sono disponibili al numero 0141 1656565.

Osteria Il Gheub presenta il 21 e 22 marzo un menu che inizia con petto d’anatra al vermouth, cipolle caramellate e cavolo nero. A seguire, sformato di parmigiana con fior di latte e ravioli di ricotta di pecora e limone con nocciole e miele. Il secondo è il fricandò in coccio accompagnato da chips di polenta taragna. Il dessert è un parfait di pere con sciroppo al vin brûlé. Vini Nicola. Le prenotazioni possono essere effettuate al numero 349 6533687.

Cantina del Ponte servirà, il 3 e 4 aprile, un menu che prevede asparagi in camicia con salsa olandese come antipasto, seguiti da tonno di galletto ruspante e gallotti al burro, acciughe e maggiorana. Il secondo è un fricandò di vitello e di verdure al Barbera “465”. Il dolce comprende zabaione espresso e paste di meliga. Vini Maciot. Per prenotare si può contattare il numero 0141 907003.

Il Cannon d’Oro servirà l’11 e 12 aprile una rollata di coniglio con Castelmagno e funghi come antipasto, seguita da un soufflé di zucca su crema d’acciughe. Il primo piatto è l’agnolotto quadrato astigiano in salsa oro. Il secondo è il fricandò con verdure. Il dolce è la zuppa inglese. Vini Poggio Ridente. Le prenotazioni sono disponibili al numero 0141 907794.

Tutte le cene si svolgeranno alle 20:00.

L’8 maggio infine, uno straordinario evento conclusivo della rassegna vedrà coinvolti tutti i cuochi di Cocconato in una cena a 10 mani al Cannon d’Oro.

Cucina e arte - Nel corso delle serate, i ristoranti si trasformeranno in gallerie d’arte temporanee ospitando le opere di Artemide Gallery (Samantha Lessio, Joy Moore, Ornella Manfron e Pasley) e di Lara Valentino.

Questo il commento di Luigi Dezzani, portavoce del Consorzio Cocconato Riviera del Monferrato: “Il Consorzio lavora insieme ai Discepoli di Escoffier per raccontare e valorizzare la tradizione della cucina del Monferrato, che in Cocconato trova una delle massime espressioni. Lo scorso anno abbiamo presentato il libro “I menù ritrovati di Auguste Escoffier e Silvestro Cavallito” di Helen Scalisi e Claudio Barisone, edito da Discepoli di Escoffier Piemonte e Val d’Aosta, e abbiamo assegnato dei riconoscimenti ai ristoratori storici del paese. Quest’anno abbiamo deciso di dare vita a questa rassegna, con giovani ristoratori pronti a mettersi in gioco con questo piatto della tradizione di Escoffier, il tutto accompagnato dai vini della nuova generazione di produttori cocconatesi che si sono riuniti nel nostro Consorzio”.

Aggiunge il presidente regionale e nazionale dell’Associazione Discepoli di Escoffier, Claudio Barisone: Sono molto lieto di partecipare al gruppo di lavoro che sta dando vita a questa originale gastronomica: sto lavorando da tempo con Cocconato, con la pubblicazione del libro e “Banchetti Enogastronomici” è il coronamento di un lungo lavoro che ha reso finalmente onore a Silvestro Cavallito, un grande cuoco”.

Il cuoco monferrino Beppe Sardi, tra i Discepoli di Escoffier, spiega: “Il piatto “Fricandò”, in francese "Fricandeau", viene pensato da Escoffier a base di carne di vitello, lardellata, cotta con aromi, cipolla, sedano, poi servita con il suo sugo frullato. Il fricandò è preparato anche in altre zone d’Europa e col tempo diventa un piatto tipico della cucina piemontese, lombarda e valdostana. Si inizia a prepararlo anche con altri tipi di carne e con aggiunta di verdure, cioè con una ratatouille. Si tratta di un piatto molto gustoso e nutriente, che può essere considerato anche come piatto unico”. 

 

La rassegna si svolge con la collaborazione di GrosMarket Asti.

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Consorzio Cocconato Riviera del Monferrato: un gruppo di imprenditori locali, innamorati del paese iscritto tra i Borghi più belli d'Italia e uniti per la valorizzazione del proprio territorio.

Il compito statutario del Consorzio è quello di promuovere le attività dei soci, le rispettive strutture, i prodotti; valorizzare il turismo e le strutture ricettive di Cocconato; promuovere la partecipazione a eventi locali, nazionali e internazionali; organizzare a Cocconato eventi per la valorizzazione enogastronomica. 
Il presidente del Consorzio è Adriano Cavallito, vice presidente è Paolo Macchia; le aziende associate sono rappresentate nel consiglio di amministrazione.

I soci del Consorzio: Apicoltura Beeo, Apicoltura Vallera, Azienda Agricola Corte, Combriccola Marchetti, Salumificio Ferrero, Maciot, Marové, Cantina Nicola, Poggio Ridente, Benefizio di Cocconito, Distilleria Bosso, Cantina del Ponte, Osteria della Pompa, Fratelli Rocca, Cascina Rosengana, 

Fondato il 15 settembre 2020, il Consorzio Cocconato Riviera del Monferrato ha sede nel centro del paese: qui espone e vende i prodotti delle aziende associate e organizza diverse iniziative come tasting, corsi di degustazione, corsi di formazione, corsi di apicoltura e vari eventi. 

Contatti Consorzio:
Sito Internet: www.consorziococconato.com
Segreteria: Andrea Rocca - info@consorziococconato.com | 3394652619


 

 

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