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sabato 28 gennaio 2012

“Valori e modelli nello sport “Una ricerca con Stefania Belmondo a cura di Renato Grimaldi



Collana: Percorsi di ricerca - Franco Angeli Editore

Sarà nelle librerie dal 1° febbraio un importante volume stampato da Franco Angeli Editore di Milano, di sicuro interesse per tutti coloro che gravitano nell’articolato mondo dello sport e non solo.
Questo lavoro mette in campo il potenziale della ricerca sociale e insieme
la testimonianza di atleti consapevoli della responsabilità pubblica che deriva dalla loro stessa personale popolarità. Occorre saper intercettare e occorre voler comprendere i mutamenti che interessano il sistema sportivo e che non sempre incontrano risposte efficaci in termini di attenzione collettiva e di politiche pubbliche. I ricercatori sociali possono anche in Italia, come già avviene altrove in Europa, contribuire a una piccola rivoluzione culturale.
Lo sport italiano ha bisogno di un occhio sociologico e di una sociologia capace
di dialogare con altre competenze. Uno sguardo che si posi sul territorio, sulle fasce di età più giovani, sullo sport ignorato dai broadcaster televisivi e dall’idolatria giornalistica del campionismo costituisce un contributo prezioso.
[…] I tremila ragazzi piemontesi che hanno fornito alla ricerca i suoi preziosi contenuti empirici abitano un arcipelago dello sport che avrà sempre più i colori e le forme di un caleidoscopio. Forse è tempo che di questa metamorfosi si accorgano le istituzioni, i decisori, un’opinione pubblica meno distratta. […] L’indagine empirica include un’esperienza di osservazione partecipante che conferisce all’analisi un’impronta straordinaria perché affidata a una campionessa come Stefania Belmondo. Un’atleta che ha onorato l’alta competizione italiana e che ha voluto mettere a disposizione del gruppo
di ricerca la propria esperienza, rendendola occasione per una vera e propria rappresentazione corale dell’immaginario sportivo. Un racconto biografico che propone ai ragazzi una storia di emozioni, di sacrifici, di tanti successi e di qualche delusione. Una storia che si sviluppa in un contesto territoriale, quello piemontese, che ha storicamente rappresentato l’incubatrice e  poi il laboratorio dello sport nazionale.
 (Dalla Prefazione di Nicola Porro)

Renato Grimaldi, coordinatore della ricerca, nato a Cossano Belbo, risiede da anni ad Asti ed è professore ordinario di Metodologia e tecnica della ricerca sociale e preside della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Torino. Svolge la sua attività di ricerca presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione e della Formazione,
di cui è stato direttore. Per Franco Angeli ha recentemente pubblicato Metodi
formali e risorse della Rete (2005) e Disuguaglianze digitali nella scuola  (2006).
 Indice del volume: 430 pagine di cui due sedicesimi di foto a colori
 Prezzo di copertina 42 euro

Presentazione, di Paolo Fausto Barcucci, Giorgio Chiosso, Alberto Cirio,
Andrea Comba, Francesco de Sanctis e Gianfranco Porqueddu
Prefazione, di Nicola Porro
Introduzione, di Renato Grimaldi

I. Il quadro teorico
Un corpo mai perfetto: un’ostinata esplorazione di possibilità, di Francesco
Remotti
Lo sport, laboratorio di enhancement, di Paola Borgna
Sport e valori nella prospettiva sociologica: alcuni elementi di scenario, di

Simona Tirocchi
Valori e modelli nello sport: la ricerca sul campo, di Renato Grimaldi
Problemi di metodo e strumenti di ricerca, di Alberto Borraccino

II. La ricerca: risorse, media e valori
Strutture e risorse per lo sport nella scuola: gli Istituti comprensivi del

Piemonte, di Simona Maria Cavagnero
La pratica sportiva come risorsa sociale: gli studenti piemontesi, di Maria
Adelaide Gallina

Dal fenomeno Mediasport alla Mediasport education, di Simona Tirocchi

Correre, saltare, pensare: i profili dei ragazzi che fanno sport, di Roberto Trinchero
Pratica sportiva e fruizione televisiva: ricerca di tipologie, di Claudio Masiero
I valori nello sport, di Alberto Borraccino
I valori e le regole dello sport, di Alberto Parola

III. La ricerca: modelli, regole e rappresentazioni
Il mio campione preferito: esercizi di proiezione in un mito, di Enzo Belforte
“Scrivi una regola che conosci”, di Marco Bay
“Io e lo sport: ecco come lo raffiguro”. Una lettura psicologica attraverso i

disegni, di Lucia Attolico e Katiuscia Greganti
“Io e lo sport: ecco come lo scrivo”. Analisi dei testi, di Enzo Belforte
Stefania Belmondo, una maestra speciale, di Antonella Saracco
Valori e modelli per vincere, di Stefania Belmondo
Il ruolo della scuola nello sport, di Luisa Cavallo e Anna Motta
La ricerca per immagini, di Renato Grimaldi
Gli autori


                                                Stefania Belmondo e Renato Grimaldi

martedì 17 gennaio 2012

L'importanza di chiamarsi "Canelli": nasce un super Moscato d'Asti Docg

Le colline del Moscato di Canelli viste da Regione Sant'Antonio, uno dei "cru" storici del territorio


Sono 22 i comuni dell’area del Moscato d’Asti Docg che potranno applicare l’ulteriore qualifica “Canelli” sulle etichette, seguendo uno specifico disciplinare di produzione. Dieci i comuni in provincia di Asti e 12 in quella di Cuneo. 

L’obbiettivo è quello di offrire al mercato il top della qualità per lo storico vino aromatico,  che sta ottenendo grande e meritato successo in tutto il mondo



Il decreto del 15 novembre 2011,  del direttore generale dello Sviluppo Agroalimentare e della Qualità ha autorizzato la denominazione di origine controllata e garantita “Moscato d’Asti”, seguita dalla specifica “sottozona Canelli”. La burocrazia, come noto, non ha molta fantasia ed  anche in questo caso non si è riusciti ad eliminare il termine “sottozona”,  che ai consumatori non esperti potrebbe sembrare riduttivo anziché qualificante quale in effetti è. 
Comunque nelle etichette i produttori locali che, a quanto risulta credono molto in questa opportunità, finiranno per indicare solo “Canelli” in etichetta, come avviene, ad esempio per la Barbera nella qualificata sottozona “Nizza”.
Interessante anche la possibilità di applicare la denominazione ‘Moscato d’Asti’ seguita dalla specificazione ‘Canelli’, accompagnata dalla menzione ‘vigna’ purché il vigneto abbia un’età di impianto di almeno sette anni. Se l’età del vigneto è inferiore, la produzione di uve ad ettaro ammessa è pari: al terzo anno, resa uva 5,1 t/ha; al quarto anno, 5,9; al quinto anno, 6,8; al sesto, 7,7.
Controllando le rese per ettaro, valorizzando “i sori” con le vigne meglio esposte che sono da sempre il miglior biglietto da visita del Moscato, si potrà mantenere un’immagine qualitativa vincente e qualificata. Importante anche l’indicazione in etichetta dell’annata di produzione. Canelli ci ha creduto e questo è un primo passo importante che gioverà sicuramente a tutta la viticoltura del territorio compreso nel disciplinare.
  



Sottozona Canelli D.O.C.G. (D.M. 21/11/2011 - G.U. n.281 del 2/12/2011)



zona di produzione
in provincia di Cuneo: l'intero territorio dei Comuni di Camo, Castiglione Tinella, Cossano Belbo, Mango, Neive, Neviglie, Rocchetta Belbo, Serralunga d'Alba, S. Stefano Belbo, Treiso, Trezzo Tinella e le frazioni di Como e San Rocco Seno d'Elvio del Comune di Alba;
● in provincia di Asti: l'intero territorio dei Comuni di Calamandrana, Calosso, Canelli, Cassinasco, Castagnole Lanze, Coazzolo, Costigliole d'Asti, Moasca, San Marzano Oliveto e la porzione di territorio sito sulla sinistra orografica del fiume Bormida del Comune di Loazzolo
;

base ampelografica
● Moscato d'Asti: Moscato Bianco o “di Canelli”

norme per la viticoltura
● la forma di allevamento è quella tradizionale a controspalliera con potatura a Guyot a vegetazione assurgente;
● i nuovi impianti e reimpianti devono avere una densità minima di 4.000 ceppi/Ha;
● è consentita l'irrigazione di soccorso;
● la resa massima di uva in coltura specializzata e il titolo alcolometrico volumico minimo naturale devono essere di 9,5 t/Ha e 11,00% vol. (8,5 t/Ha e 11,50% vol. con menzione "Vigna");

norme per la vinificazione
● le operazioni di vinificazione, affinamento, invecchiamento ed imbottigliamento devono essere effettuate nella zona di produzione;

norme per l'etichettatura
● per il vino a Denominazione d'Origine Controllata e Garantita "Moscato d'Asti" sottozona Canelli è obbligatoria l'indicazione dell'annata di produzione delle uve

MOSCATO DI CANELLI

Una storia millenaria



Il Moscato bianco o Moscato di Canelli, come  è storicamente  definito in tutti i testi di ampelografia, la scienza che studia e cataloga le caratteristiche delle migliaia di cultivar della vitis vinifera, è uno dei più antichi e rappresentativi vitigni autoctoni piemontesi, attualmente coltivato su oltre 9.000 ettari, poco meno del 20% dell'intera superficie viticola regionale piemontese.

Gli storici ritengono sia arrivato nel territorio di Canelli molto prima della dominazione romana, tramite le popolazioni Liguri che la popolarono. I romani, che già apprezzavano molto il vino ottenuto dal quel vitigno antichissimo originario del Caucaso e poi diffusosi rapidamente in tutto il bacino del Mediterraneo, si limitarono probabilmente ad incrementarne la coltivazione.

Le uve di Moscato, le "Apiciae" di Catone e "Apianae" di Columella e Plinio, così chiamate in quanto predilette dalle api per la loro dolcezza, trovarono a Canelli  terreni collinari ed esposizioni ideali, sviluppando presto caratteristiche proprie che, data la straordinaria ricchezza del quadro aromatico, le rendono uniche, nel pur ampio panorama di vitigni Moscato presenti in Italia e nel mondo. Da moltissime fonti storiche medioevali e rinascimentali si possono individuare documenti di tutti i generi , che citano con ammirazione la produzione di ottimi vini moscatello e moscadelli,  riferendosi già all'epoca al successo di una coltura oggi preponderante in  52 comuni che interessano una larga fascia collinare delle province di Alessandria, Asti e Cuneo. Dai suoi grappoli dorati si ottengono due diffusi vini bianchi aromatici a denominazione d’origine controllata e garantita (Docg): l'Asti  e il Moscato d’Asti.  Nel 1895, con la pubblicazione del volume “Moscato di Canelli” edito dalla U.T.E.T. di Torino, gli studiosi Strucchi e Zecchini descrissero dettagliatamente il vitigno e le sue precise caratteristiche, unitamente alle tecniche produttive e qualità organolettiche uniche del vino che ne derivava. Un testo che a distanza di  più di  115  anni  rimane fondamentale nella bibliografia riferita ad una produzione che dalla metà del XIX secolo si stava rapidamente affermando sul mercato nazionale ed internazionale, strettamente legata a Canelli, che era da millenni il territorio di riferimento e che in quel periodo registrava  un grande sviluppo imprenditoriale nel settore enologico.  
grappolo di Moscato di Canelli

giovedì 5 gennaio 2012

Dagli americani copiamo tutto, tranne il loro metodo per far pagare le tasse a tutti



In Italia, com’è noto  anche agli alunni di prima elementare che ne sono già consolidati fans, siamo insaziabili emulatori e fruitori di tutto quanto proviene dagli Usa.
Il film  del  1954 “Un americano a Roma”, memorabile interpretazione di Alberto Sordi, non faceva solo ridere, ma anche pensare, i più però purtroppo hanno solo riso.
A distanza di quasi 60 anni, non è cambiato molto, anzi, sono arrivati nel frattempo i “paninazzi” di Mc Donald’s, patatine fritte bisunte come piovesse, snack a base di grassi idrogenati spappola fegato, per non parlare di I-Phone, I-Pad ecc. senza i quali agli eredi dei Cesari sembra impossibile vivere a passo con i tempi.
Inutile protestare, la risposta è scontata: è la globalizzazione, il progresso e chi non si adegua resta indietro, destinato a rimanere un paria.
Delle tante cose assai discutibili “importate” dagli Usa, ce n’è però una che sarebbe utilissima e di non difficile attuazione, che tutti i governi non hanno mai neppure ventilato, pur tra continui proclami contro gli evasori, i commercianti che non rilasciano scontrini, artigiani e professionisti che svicolano sulla ricevuta fiscale.
Se qualsiasi cittadino potesse infatti “scaricare”, come avviene negli Usa, tutte le spese che affronta quotidianamente, si creerebbe per forza di cose un circolo virtuoso che costringerebbe tutti i “furbetti” ad uscire allo scoperto, fermo restando però che anche loro potrebbero, giustamente, detrarre le spese che fanno per produrre il loro reddito.
Uscirebbe così tanto di quel "sommerso" da poter evitare una percentuale di tassazione che in tempi di crisi non solo nazionale come questi,   finisce inevitabilmente per esasperare gli animi dei vessati, che poi arrivano alla raccolta firme su Facebook per eliminare Equitalia.
Si legge poi spesso la notizia della scoperta di soggetti “ignoti al Fisco” e definiti evasori totali, in America se mai trovassero simili personaggi li sbatterebbero in galera buttando via la chiave.
Il blitz di Cortina contro i “Paperoni” ha fatto notizia, ma non risolve di sicuro il problema.
Curioso che i "media" utilizzino spesso l’accostamento con il personaggio disneyano per indicare un super ricco
Paperone nel celebre fumetto, arrivato da noi ancor prima della Seconda Guerra Mondiale, è in realtà un taccagno di rara avarizia, dalla serie   che per accumulare molti soldi è decisamente importante spenderne il meno possibile, comunque sicuramente pagava le tasse.