Pagine

venerdì 30 dicembre 2011

DISTILLERIA BOCCHINO: LA STORIA DELLA GRAPPA PIEMONTESE

                                 
Un  restyling per bottiglie ed etichette di  SIGILLO NERO e GRAN MOSCATO firmate dalla celebre distilleria  di Canelli (AT)

Correva l'anno 1898 quando iniziarono a fumare gli alambicchi della Distilleria Bocchino. Prima di allora le vinacce di uva moscato e di altri vitigni  ottenute dalle molte cantine che vinificavano in zona, venivano abbandonate e disperse sulle rive del torrente Belbo che attraversa Canelli, senza essere utilizzate.
Il geometra Carlo Bocchino, di ritorno dall'Argentina, dove aveva diretto la costruzione di importanti vie di comunicazione, decise di creare, con un capitale iniziale di 90.000 lire, la distilleria, che avrebbe ben presto segnato un percorso vincente per l'immagine e la qualità della grappa, il più italiano dei distillati, che si può denominare così solo se prodotto nel nostro paese.
Azienda di famiglia,  oggi è guidata da Carlo Micca Bocchino, che porta il nome del fondatore, affiancato dalle figlie Miranda e Marta. La sede storica è quella  in via Lazarito Bocchino, intitolata al figlio del fondatore, che diede grande impulso all’attività. Qui si trovano anche le imponenti cantine di invecchiamento, con le botti di rovere di Slavonia da sempre utilizzate nel ciclo produttivo.  Il reparto distillazione è nel vicino comune di Calamandrana.

Restyling è un termine anglosassone ormai entrato stabilmente anche nel nostro vocabolario, significa in sostanza un’innovazione nella continuità, senza stravolgimenti particolari, ma nella ricerca di un’immagine sempre a passo con i tempi ed accattivante per l’acquirente finale.
E’ quanto ha messo in pratica la Distilleria Bocchino, tramite l’apporto di qualificati designer internazionali, che dopo lunghe ricerche hanno “ridisegnato” le  storiche fiasche, da  almeno un secolo simbolo della sua produzione, mantenendone comunque la particolarità che le contraddistingue sugli scaffali tra le tante proposte del mercato.
Anche le etichette, già oggetto negli anni di graduali modifiche, si propongono ora, dopo accurati studi, in versione  ancora più moderna ed elegante.
Le differenze si notano falcilmente vedendo una pubblicità dei primi anni '80 che riportiamo di seguito,  con Mike Bongiorno, celebre testimonial  per anni della produzione Bocchino, che innalza un fiasca di Sigillo Nero.
Le due grappe   sono storicamente ben presenti, anche nella GDO,  sul mercato nazionale ed esportate in molti Paesi. Ottenute dalla distillazione con alambicchi discontinui, con il metodo Carlo Bocchino, rappresentano da sempre la  ricerca qualitativa e di origine al centro dell’attività

La grappa Gran Moscato nasce esclusivamente da vinacce selezionate di uve Moscato Bianco di Canelli, affinata per 24 mesi in botti di rovere di Slavonia da 5.000 litri.
Prima tra le grappe uscite dagli alambicchi del fondatore Carlo Bocchino, è certamente uno dei distillati in purezza dalla tradizione più antica. L’inconfondibile aroma del Moscato e la morbidezza esaltate dal sapiente invecchiamento, rendono questa grappa sempre attuale e perfetta per le tendenze di consumo contemporanee.

Sigillo Nero è una grappa che racchiude l’essenza del vigneto Piemonte. Nasce infatti da selezionate vinacce di uve rosse di celebri vini piemontesi:Barbera d’Asti, Nebbiolo, Dolcetto d’Alba, Un perfetto connubio che, dopo un affinamento di 12 mesi in grandi botti di rovere di Slavonia,  offre una grappa delicata, dal gusto secco e pulito, che da decenni  è la più diffusa tra quelle firmate Bocchino, ottenendo un costante successo.
Per la prima volta nella sua già lunga storia, la grappa Sigillo Nero aggiunge ai suoi formati abituali   da litro e cl.70 quello da cl. 50, che completa l’offerta disponibile per un prodotto leader di mercato, affiancandosi al litro ed al cl.70. Tutte  presentate nella bottiglia/fiasca di nuova generazione. Un “mezzo litro” che viene incontro alle nuove tendenze dettate da molti consumatori, orientati verso l’acquisto di questi formati ridotti nel contenuto , specie nell’ambito dei distillati e dei liquori.




giovedì 29 dicembre 2011

GELATO ARTIGIANALE: la differenza qualitativa c'è e vale la pena imparare a valutarla

 
Giorgio Zanatta, gelatiere artigianale pluripremiato a livello nazionale ed internazionale


Il consumo di gelato,  che in Italia vanta una tradizione antica ed un’immagine esportata in tutto il mondo,  si è destagionalizzato da tempo, anche se ovviamente le punte massime rimangono  tra la primavera e l’estate.E' un alimento completo, consigliato anche da nutrizionisti in caso di inappetenza, inoltre piace praticamente a tutti, da zero a cento anni. Ognuno poi sceglie i gusti che preferisce o ne sperimenta dei nuovi, l'offerta è talmente vasta da accontentare chiunque.
Per le festività di fine anno  famiglie e locali lo propongono spesso  in pranzi e cenoni, sono un dessert tra i più gettonati, con preferenza in questi casi ai gusti "classici" tipo panna, crema, nocciola, cioccolato o alla frutta.
Si incrementa  sempre più il numero delle gelaterie e la “nuova frontiera” risulta ormai essere l’apertura nei centri commerciali, dove è grande l’affluenza di pubblico, il più delle volte composto da nuclei familiari con bambini al seguito, il target che rimane di riferimento per il settore,
Ma tutte queste gelaterie si possono davvero definire “artigianali”?  La differenza sostanziale sta nelle materie prime utilizzate, nella loro tracciabilità e nel fatto che l’autentico artigiano gelatiere non utilizza abitualmente  “semilavorati”.
Per intenderci, non è che nelle gelaterie che utilizzano questi preparati industriali, oggi spesso facenti parte di catene in franchising o simili, il gelato non sia corretto dal punto di vista organolettico, è semplicemente “diverso” a livello gustativo.
Un esempio tra i tanti, citando due gusti in cima alle preferenze del pubblico come nocciola e pistacchio: un conto è un gelato la cui preparazione è dichiarata con i pistacchi siciliani di Bronte e dintorni e con le Nocciole Piemonte IGP, che sono al vertice qualitativo ed inimitabili per gusto e profumi, altro è l’utilizzo di semilavorati prodotti con pistacchi e nocciole provenienti dall’estero o da altre regioni italiane che, notoriamente, non sono la stessa cosa per gusto e profumi.
Come per tutto il comparto alimentare.  c’è poi  da porre massima attenzione ai prezzi di vendita. Se sono troppo bassi viene  da sospettare seriamente, specie parlando di produzione che si definisce “artigianale”,  che gli ingredienti utilizzati non siano i migliori sul mercato. 
Chi ha assaggiato un gelato o sorbetto fatto con frutta “vera” afferra sicuramente meglio il concetto sopra espresso.
Diffidare anche da gelati con colori troppo "accesi", attirano forse di più l'attenzione dei consumatori, ma spesso per ottenere queste tinte forti si utilizzano coloranti.
Giorgio Zanatta, “Maestro gelatiere” nato a Treviso nel 1968, è arrivato ad Asti nel 1999 dove ancora risiede. Il suo curriculum lo pone ai vertici della categoria e lo ha visto premiato in prestigiosi concorsi nazionali ed internazionali. E’ stato membro, tra l’altro, dell’Accademia della Gelateria Italiana e dell’Unione Maestri Gelatieri Artigiani. A livello locale è presidente provinciale del CNA  alimentari di Asti.
Dal 2007 fa parte del gruppo di lavoro del Maestro Gelatiere internazionale Pino Scaringella, che opera in Italia e all’estero. Fa anche parte del team formativo dei ragazzi Down del progetto “Albergo Etico” di Asti.
Lo abbiamo incontrato alla Gelateria Veneta di Piazzetta Italia ad Asti, aperta fino all’Epifania e poi da aprile a settembre, dove svolge attività di consulente.
Ci ha descritto con dovizia di particolari le caratteristiche peculiari per distinguere un gelato artigianale di qualità che abbiamo già ricordato  per sommi capi e poi ha parlato della sua attività di insegnante nei corsi specialistici, che gli consente di svolgere il proprio lavoro divertendosi, creando un team capace di dare il meglio.
In questo settore la creatività è importante?
“Certo,  ma come ho fatto e continuo a fare occorre lavorare sempre sulla propria crescita professionale, puntando sull’eccellenza, ponendosi sempre in discussione senza vergogna. Ho frequentato negli anni importanti corsi di perfezionamento in Italia ed all’estero e non si ha mai finito d’imparare.
La formazione è dunque consigliabile?
Direi che  è fondamentale, ad esempio occorre imparare  perfettamente la “bilanciatura” della ricetta per ottenere un gelato di qualità elevata, sapendo valutare l’esatta percentuale dei componenti. Si migliora con l’esperienza pratica, ma occorrono comunque basi solide di insegnamento, come in qualsiasi campo.
Qual è il rapporto di un gelatiere artigianale col territorio in cui opera?
Per me è sempre stato importante e fonte di ispirazione. Nel gennaio del 2000 mi sono classificato primo al Concorso Gelato del Millennio, nell’ambito del Salone Internazionale della Gelateria (SIGEP) di Rimini,  con il “Sorbetto al Moscato d’Asti”. Una mia creazione che ho anche brevettato come ricetta, ma che poi continua ad essere copiata, anche se in fin dei conti solo le cose migliori vengono imitate. Spesso ho anche creato gelati legati  ad altri vini astigiani e sono stato premiato per il gelato al gianduja che è un po’ il simbolo della cioccolateria subalpina”.
Ma il consumatore è in grado di distinguere la qualità di un gelato artigianale autentico rispetto alle produzioni semi-industriali o industriali?
Occorre lavorare sull’educazione al gusto del consumatore  e per questo organizziamo anche degustazioni nelle scuole, partendo dai bambini che devono essere abituati fin da piccoli ad apprezzare le differenze . Poi in occasione di Fiere e Saloni internazionali e nazionali, compresi quelli aperti all’alimentare in genere e non solo alla gelateria, molte degustazioni servono a fare apprezzare il vero gelato artigianale  ad un pubblico di interessati di tutte le età.
Ed a proposito di differenze, abbiamo assaggiato a fine incontro con Zanatta qualche cucchiaino di gelato alla nocciola, pistacchio e cioccolato…..la  qualità  superiore dovuta all’accurata scelta delle materie prime e lavorazione accurata si apprezza immediatamente al palato.....
Per saperne di più:    www.maestrigelatieri.it






giovedì 22 dicembre 2011

Nascono i "Narratori del Vino" nuove figure professionali in un mondo che vuole esprimersi in modo nuovo

Sono sempre interessanti le notizie che arrivano  da Luigi Odello, che dirige il Centro Studi Assaggiatori di Brescia. Qui parla di una nuova figura professionale nel mondo vinicolo da poco introdotta, manco a dirlo, in quei di Alba: "I Narratori del Vino", potrebbe in effetti trattarsi di una "nuova frontiera" della comunicazione del settore, sempre che questi giovani possano poi trovare sbocchi lavorativi sufficentemente remunerati e qui, spiace dirlo, qualche dubbio mi sovviene.....

 

Che ne dite di parlare di vino in modo nuovo?


Mauro Carbone, direttore dell’Ente Turismo Alba Bra Langhe e Roero ha annunciato compiaciuto il raggiungimento di due traguardi storici: la collaborazione tra vino e turismo e tra Alba e Asti. Lo ha detto in occasione della presentazione di Piemonte on Wine che si è svolta giusto ieri al Castello di Barolo con l’intervento del presidente della Barolo and Castles Foundation Cornaglia, del presidente del citato ente del turismo Barbero, del direttore dei consorzi di tutela Barolo e Barbaresco Ferrero, dell’assessore al turismo di Asti Martinetto, del responsabile della strada del Barolo Manzone e dell’assessore ragionale al turismo Cirio. Questo per dire che le autorità che governano il vino e il turismo c’erano proprio tutte.
Ma se, come ha detto Carbone, l’evento segna una svolta storica nella collaborazione tra ambiti culturali e geografici diversi, per noi la svolta sta in un altro fatto: la presentazione dei Narratori del vino. Si tratta di una figura professionale nuova che è stata creata ad Alba con un impegnativo corso di formazione al quale il Centro Studi Assaggiatori ha fornito la docenza di una nuova analisi sensoriale: quella che consente di presentare il vino e il territorio in un modo innovativo, più partecipativo e coinvolgente, più emozionante e giocoso.
Il gruppo albese di questi professionisti inediti è davvero splendido: giovani, laureati, poliglotti e appassionati non mancheranno di rendere un grande servizio al comparto enologico ricevendo e facendo conoscere il prestigio enologico di Langhe e Roero senza mai salire in cattedra, ma mettendo al centro dell’attenzione il cliente, portandolo ad avere un nuovo rapporto con il territorio che nasce dalla percezione cinestesica del vino e dalla relazione umana con un nuovo comunicatore.
Alberto Cirio, giovane assessore al turismo della Regione Piemonte, langarolo di Sinio, ha giustamente sottolineato la missione di questo gruppo inserendola in quella politica di valorizzazione del territorio che risulta determinante per la crescita anche in tempi difficili.

Luigi Odello