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giovedì 29 marzo 2018

Tenuta Carretta: passione per il vino dal 1467



 
Dalla storia l’eredità

di un patrimonio viticolo straordinario

Con oltre 70 ettari di vigneto, la Tenuta della famiglia
 Miroglio si pone come una delle più importanti aziende
 vitivinicole del Piemonte. Con la sostenibilità come
 obiettivo

I vigneti di Tenuta Carretta, storica azienda vitivinicola con sede nel Roero, a Piobesi d’Alba, sorgono all’interno del cinquantesimo sito Unesco, in alcune delle più prestigiose aree dedicate al nebbiolo e ai grandi vini piemontesi: Barolo DOCG, Barbaresco DOCG e Roero DOCG. La tenuta vinifica esclusivamente le uve raccolte nei 70 ettari di vigneto di proprietà, distribuiti tra Roero e Langhe: un patrimonio viticolo che permette all’azienda di valorizzare i territori di origine delle uve e di produrre una gamma di vini capaci di cogliere molte delle sfumature e interpretazioni dei diversi terroir.

Tenuta Carretta è una delle poche cantine piemontesi a poter vantare vigneti di nebbiolo di proprietà in ciascuna delle aree di origine delle DOC e DOCG di Langa e Roero ottenute da questo vitigno, e le etichette aziendali, assaggiate in sequenza, permettono di cogliere a fondo e in modo evidente le differenze che contraddistinguono ciascun vigneto e, di conseguenza, ciascuna denominazione.

 

I vigneti del Roero

Il patrimonio viticolo della Tenuta si estende per 35 ettari nel Roero ed è rappresentato da un unico, magnifico, appezzamento che si sviluppa ad anfiteatro tutto intorno alla cantina. Oltre ad essere area produttiva di grande valore, i vigneti vantano il primato di essere il primo sentiero in Piemonte di Vine-Trekking audio guidato; ciò grazie aI ZI travel, un’app (scaricabile gratuitamente da chiunque ne sia interessato) che guida passo dopo passo gli enoturisti lungo il percorso realizzato tra i vigneti aziendali.

Sulla sommità del versante collinare che definisce la Tenuta troviamo il vigneto Bric Paradiso da cui deriva l’omonima etichetta di Roero: il Bric Paradiso Roero Docg Riserva. La struttura prevalentemente sabbiosa del terreno e il microclima di questa particolare area conferiscono al vino una buona struttura ma soprattutto profumi intensi e un grande e armonioso equilibrio, caratteristiche che si esprimono al meglio dopo alcuni anni di affinamento in bottiglia.

I vigneti del Barolo

Tra le proprietà aziendali è compreso anche un prezioso appezzamento di 2,6 ettari a Barolo, sulla prestigiosa collina di Cannubi: qui si raccoglie l’uva destinata alla produzione dei pregiati Cannubi Barolo DOCG e Cannubi Riserva Barolo DOCG.

Cannubi è una delle menzioni geografiche più prestigiose della zona del Barolo: quil’interazione trasuolo, esposizioneal sole, ubicazione geografica e vitigno concorre a creare vini memorabili. La natura geologica delsuolodi Cannubi è quella comune alla parte orientale dell’area di origine del Barolo, risalente al periodo tortoniano (Marne di S. Agata fossili): suoli sedimentari di origine marina, ricchi di sabbia, marne e con una importante presenza di calcare. Suoli ideali per la produzione di vini di eccellente struttura, complessi ma al tempo stesso di grande e raffinata eleganza.

 

I vigneti del Barbaresco

Nel Comune di Treiso troviamo le vigne di Cascina Bordino: 6,5 ettari vitati che si sviluppano su un versante collinare caratterizzato dalle forti pendenze. I crinali di Cascina Bordino producono uve che si prestano a vendemmie tardive, in cantina, si avvantaggiano di lunghe macerazioni. Il frutto di questo lavoro si ritrova nel Cascina Bordino Barbaresco DOCG, un vino che fa di eleganza e complessità i suoi caratteri distintivi.
Sempre a Treiso, in località Garassino, si trova anche un bel vigneto di nebbiolo di 4,5 ettari, da cui Tenuta Carretta produce il Barbaresco DOCG Garassino, privilegiato dal fatto di essere una menzione geografica aggiuntiva “monopòle”, cioè detenuta e vinificata per intero dall’azienda di Piobesi d’Alba.

 Il vigneto è un elemento fondamentale per noi, perché è da lì che ha origine la qualità del vino - commenta Giovanni Minetti, amministratore delegato dell’azienda e del gruppo Terre Miroglio (nella foto)  -. Nel vigneto si produce la nostra materia prima, l’uva. E l’uva è rappresentata dagli acini che, insieme con le foglie e le radici, rappresentano un laboratorio biochimico naturale estremamente sofisticato. Nell’acino c’è già scritto tutto il potenziale del nostro vino, quindi il nostro obiettivo ogni anno è quello di produrre grappoli con acini sani e perfettamente maturi, provenienti da vigneti in buona salute.

Ma la vera sfida di oggi– prosegue Minetti - è quella di continuare a creare valore in un contesto di sostenibilità, un concetto che nasce come risposta al consumo irresponsabile di risorse naturali. La nostra idea è proprio quella di produrre vino cercando di preservare le risorse naturali, quindi utilizzando metodi che permettono di lavorare per un’ottima qualità dei prodotti con il minore impatto possibile sull’ambiente.

Noi crediamo fermamente in questo principio e per questo in vigna adottiamo le tecniche di viticoltura integrata e abbiamo da tempo bandito l’impiego dei diserbanti. Per questo abbiamo ridotto al minimo anche l’impiego di insetticidi grazie all’utilizzo delle trappole a ferormoni e favorendo il ritorno nel vigneto degli antagonisti naturali, come alcune specie di uccelli e di ortotteri, adottando i protocolli previsti dal progetto “Green Experience”.

Produrre vino è relativamente facile – conclude Minetti -, mentre produrre un “grande” vino è difficile, molto impegnativo e costoso. Il segreto è quello di lavorare con passione e credere nel vino come espressione creativa dell’uomo e quindi come prodotto culturale, è interpretare la materia prima che la natura ci mette a disposizione facendo tesoro della tradizione, resa attuale assecondando la vocazione delle diverse aree viticole. È adottare tecniche colturali rispettose dell'ambiente, insieme alle più moderne tecnologie in cantina, per garantire l’igiene che sottende ogni prodotto alimentare.

Con queste premesse, mi piace pensare di produrre vini in grado di esprimere l’identità di un territorio e delle uve di origine. Vini con carattere, personalità, piacevoli e - soprattutto - buoni da bere”.

lunedì 26 marzo 2018

Nasce il «Patto di adozione» di un filare nella Langa del Barolo


 
L’iniziativa è della vignaiola Sara Vezza (ph. Massimo Gavello) della cantina
 Josetta Saffirio a Monforte d’Alba

Adotta un filare in Langa e produci il tuo Barolo: l’originale iniziativa è di Sara Vezza, giovane vignaiola titolare della cantina Josetta Saffirio a Monforte d’Aba.L’invito è a vivere in prima persona l’esperienza di coltivare, far crescere, vendemmiare e produrre il proprio vino: «È una richiesta che mi hanno fatto in tanti – spiega Sara – provare l’emozione della vigna: la potatura, le lavorazioni dell’estate, la vendemmia: capire come cresce l’uva e come diventa un grande Barolo. È un progetto che richiede pazienza e passione come il lavoro dei vignaioli, ma è anche un’esperienza unica e irripetibile.Perché partecipare? Tre buoni motivi: per imparare la cultura del vino, seguendo la vita del proprio Barolo, vivere un’esperienza fuori dal comune e per ricevere le bottiglie di vino del “tuo filare”».
«Il progetto “Adotta un filare di Josetta Saffirio”ha anche come obiettivi – ricorda la giovane barolista -la salvaguardia del paesaggio vitivinicolo dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco e il garantire la sopravvivenza dei piccoli produttori, da secoli custodi di queste colline. L’idea è anche di creare degli itinerari turistici e culturali a Monforte d’Alba. Il Barolo non è solo economia: è cultura».
Il «Patto di adozione di un filare a Monforte d’Alba» può essere anche un’idea regalo e comprende:

·        nome e cognome dell'adottante sul palo di testa del filare adottato

·        possibilità di donazione del filare a terzi.

·        sei bottiglie di vino Barolo docg prodotto dal filare adottato, più sei bottiglie miste a discrezione dell’azienda, in base alla disponibilità

·        certificatodi adozione, nel quale comparirà il nome dell’Adottante

·        visita della cantina in qualsiasi momento dell’anno (previo preavviso) con degustazione gratuita di tutti i vini accompagnata da una selezione di prodotti tipici locali

·        aggiornamenti costanti e reportage sulle varie fasi di lavorazione, dalla vendemmia all'imbottigliamento

Come aderire
Si può scaricare il modulo sul sito internet www.adottaunfilare.it , bisogna compilarlo e spedirlo all’email info@josettasaffirio.com . Si possono "adottare" uno o più filari sia a nome proprio che a nome di terzi. Dopo aver fatto il bonifico, si riceverà immediatamente un "Attestato di adozione" personalizzato per ogni filare adottato.
Per altre info: info@josettasaffirio.com  
Josetta Saffirio, cinque generazioni di vignaioli in Langa

Sara Vezza, classe 1980, mamma di Sara, Cecilia, Giovanni e Cesare, è la quinta generazione di contadini che coltivano vigne a Monforte d’Alba, in Langa. A 17 anni aveva un sogno: fare la vignaiola. L’ha realizzato due anni dopo, a 19 anni, rilanciando l’azienda di famiglia. Oggi coltiva 5 ettari quasi tutti nebbiolo da Barolo. Produce circa 40 mila bottiglie all’anno. Ha fatto nuovi investimenti: 5 ettari a Roddino coltivati a nebbiolo e barbera e 16 ettari a Murazzano dove Sara produrrà Alta Langa, le bollicine piemontesi. Quella di Josetta Saffirio è una storia antica, che inizia alla fine dell’Ottocento con il primo Saffirio, Giovanni Battista, che si sposta a vivere nella Langa.Ai primi del Novecento, il padre di Josetta, Ernesto, inizia a coltivare i suoi vigneti. Nel 1975, giovanissima, Josetta decide di occuparsi dei vigneti del padre. Laureata in agraria e affiancata dal marito Roberto, enologo, inizia a coltivare le vigne piantate dai nonni subito dopo la seconda guerra mondiale. Dopo alcuni anni, Josetta e Roberto vedono premiate le proprie fatiche e riescono a produrre un Nebbiolo di riconosciuta qualità. Nel 1985 viene presentato il primo Barolo con l’attuale etichetta, frutto di una passione e di un impegno mai venuto meno. Dopo un periodo di pausa negli anni 90, Sara, figlia di Josetta e Roberto, decide di dedicarsi anche lei ai vigneti di famiglia e di scrivere una nuova pagina nella storia di Josetta Saffirio.


 


 

 

"IL CASCINALENUOVO" DI ISOLA D'ASTI HA FESTEGGIATO I PRIMI 50 ANNI DI SUCCESSI



 
Walter e Roberto Ferretto tra la migliore tradizione gastronomica locale  e uno sguardo sempre proiettato  al futuro della cucina d'autore, guidano un ristorante premiato da 28 anni consecutivi con la Stella Michelin
 

Il cascinalenuovo, celebre ristorante di Isola d’Asti compie 50 anni. E i fratelli Walter e Roberto Ferretto (nella foto sopra) hanno spento  le cinquanta candeline del locale. 50 anni di continuo successo, parallelo alla crescita di una famiglia con una storia che inizia negli anni Cinquanta, quando i Ferretto già avevano un ristorante nel centro di Asti: l’Antico Paradiso.

Li conosco personalmente da molti anni  i fratelli Ferretto  ed ho sempre apprezzato la loro grande professionalità, unita alla creatività ed idee e proposte sempre a passo con i tempi, che sono alla base della ristorazione di qualità e accompagnano il loro successo, destinato a protrarsi ancora per molti anni.

 Siamo cresciuti - ricorda Walter - in mezzo ai fornelli. Sento ancora il profumo del pollo alla Babi come lo faceva Genio, che lavorava al ristorante, e del minestrone di verdure (piatto tipico astigiano) di mia nonna”.

E fu proprio la nonna a spingere Walter a ‘fare altro’, a cominciare dagli studi: non l’alberghiero, ma ragioneria.

Invece poi Walter non resiste alla tradizione di famiglia e torna a quello che già era divenuto Il Cascinale: che dal ’68 all’85 è un locale che fa grandi numeri, posizionato proprio sulla Statale per Asti, con tanto di bar e discoteca.

Nel 1985 Walter e Roberto trasformano Il Cascinale ne ll cascinalenuovo.

Walter è in cucina, Roberto sommelier e maître di sala. “Sono autodidatta - ricorda Walter Ferretto – e ho iniziato questo lavoro relativamente tardi, a 25 anni.  Decisivi, nella mia carriera e per il mio apprendimento ‘sul campo’, sono stati gli incontri con Angelo Gaja e con Giacomo Bologna, soprattutto con il secondo. Con Bologna ho girato, ho provato, ho assaggiato: lui mi ha mostrato come negli anni 80 – 90 si stava evolvendo la cucina, a partire dai piatti di Gualtiero Marchesi”.

Il piatto – icona dello chef è la Millefoglie di lingua di vitello, foie gras e dadini di gelatina al Porto. “Trent’anni fa – spiega – era un azzardo proporla, specie in un ristorante in cui si era tenuti a presentare, magari in maniera più ‘elegante’ ed elaborata, i piatti del territorio.

Fu il critico gastronomico Davide Paolini (che nel suo Gastronauta definisce la Millefoglie ‘un piatto senza età, al contempo raffinato e goloso, presentato in forma degna di un corso di design’) a convincermi a metterlo in carta, e così fu. Da allora è una proposta fissa tra gli antipasti, ‘il’ classico de Ilcascinalenuovo: molti clienti vengono da noi apposta per la Millefoglie”.

 

Il Presente

IL CASCINALENUOVO*, ristorante stella Michelin da ben 28 anni, rappresenta tradizione e innovazione in grado di fondersi in una proposta gastronomica che sa coniugare la grande cucina piemontese con i profumi e i sapori provenienti da ogni angolo del mondo

Una cucina, quella dei Ferretto, dalla matrice classica che pone l’accento sulle materie prime. Grazie alla sapienza dello chef Walter, la genuinità e stagionalità dei prodotti dell’orto di famiglia e dei piccoli e grandi produttori locali si mixano e si intessono ad aromi inconsueti dalla provenienza orientale dando luogo ad alchimie armoniose a cavallo tra continenti e culture diverse. “Questa felice commistione – dice lo chef – è dovuta non solo ai miei viaggi e collaborazioni dalle Maldive agli Stati Uniti, ma anche al ‘tocco’ che apportano ai piatti i ragazzi che arrivano da noi dalle Filippine o dal Giappone”. Oltre ad un’ampia sala, attiguo al ristorante uno spazio esterno permette di trascorrere le serate durante il periodo estivo.

Aggiungi didascalia
La proposta gastronomica de Il cascinalenuovo è completata dall’Altrocascinale, bistrot estivo all’aperto con un servizio e una cucina più informale, che mette l’accento sul gusto e sulla qualità delle materie prime, punto d’incontro anche per aperitivi a bordo piscina con finger food e bollicine, ed è inoltre un locale ispirato alle nuove tendenze,  dove gustare tra l'altro pizze gourmet e focacce farcite.

 

Ristorante Il cascinalenuovo - Chef Walter Ferretto

Strada Statale 231, Asti / Alba n.15, Isola d'Asti (AT)

Tel. +39 3355375039 - +39 0141 958166



 

Il Futuro

E’ sicuramente rappresentato dal progetto I Tre Chef, “nato – spiega Walter Ferretto – con Fulvio Siccardi e Diego Pattarino (nella foto) nel novembre scorso. Sia Siccardi che Pattarino hanno in passato lavorato nella cucina di Walter: insieme a lui oggi hanno creato un laboratorio, Albagnulot (il nome è un omaggio alla grande tradizione culinaria delle Langhe e gioca sulla notorietà internazionale della città di Alba), per la produzione di pasta fresca artigianale con il tocco di creatività dei grandi chef: il formato – simbolo “che - dice Ferretto - abbiamo già brevettato, è il
Quadrifoglio delle Langhe, con ripieno di carne o di verdure. Poi ricette esclusive, con ripieni che sono vere e proprie riduzioni di piatti gourmet, come il maiale bbq, i ravioli con liquido di pesto, il ripieno con riso e galletto alle spezie del Maghreb, il ripieno con polpo, pomodorini e capperi …fino al Bella Napoli, con pomodoro, basilico e mozzarella.  La pasta a marchio I Tre Chef verrà distribuita dapprima in Italia (con target la ristorazione di fascia medio – alta) e poi negli USA, partendo da Miami. Ma, conclude Ferretto “la produzione del laboratorio Albagnulot non si fermerà qui: abbiamo già in mente una linea di biscotti, una di confetture…e anche di lanciare i Tre Chef come catering stellato”.

 

I Tre Chef

Strada Statale Asti-Alba, 18

14057 Isola d’Asti (AT)

+39 335 6821878 te+39 335 6821878


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Instagram @itrechef

giovedì 22 marzo 2018

Incontro con Emily Albers sul mercato del vino in Germania al Castello di Costigliole d'Asti


 

Martedì 27 marzo 2018: seminario pubblico, aperto a tutte le aziende vinicole piemontesi, organizzato nell’ambito del corso di formazione per Wine Export Manager

 

L’AFP-Agenzia di Formazione Professionale delle Colline Astigiane, il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato e il consorzio di promozione I Vini del Piemonte organizzano un nuovo seminario formativo sul mercato del vino in Germania, condotto da Emily Albers, titolare di un'agenzia di pubbliche relazioni specializzata nella comunicazione e marketing del vino con sede ad Amburgo (www.alberspri.com).

L’incontro, aperto a tutti i produttori di vino piemontesi accreditati, si terrà martedì 27 marzo 2018 dalle 15.00 alle 18.00 (con accredito alle 14.30) presso la sede del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, nella Sala degli Specchi al secondo piano del Castello di Costigliole d’Asti, in Piazza Vittorio Emanuele II, n. 10.

Anche questo seminario fa parte del programma del corso per Wine Export Manager organizzato da AFP Colline Astigiane, I Vini del Piemonte e Consorzio Barbera d’Asti e ha l’obiettivo di fornire alle piccole e medie aziende vinicole piemontesi gli strumenti per conoscere ed essere competitive sul mercato tedesco e aiutarle a vendere di più e meglio i loro prodotti su questo importante e strategico mercato.

Il programma dell’incontro prevede, dopo i saluti istituzionali del Presidente dell’Agenzia di Formazione Professionale delle Colline Astigiane Dino Aluffi, del Presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato Filippo Mobrici e del Presidente del consorzio di promozione I Vini del Piemonte Nicola Argamante, l’intervento di Daniele Manzone, direttore de I Vini del Piemonte, che farà un’introduzione al mercato dei vini in Germania. A seguire, prenderà la parola Emily Albers, professionista con oltre vent’anni di esperienza in società multinazionali e agenzie di pubbliche relazioni, titolare di un'agenzia di pubbliche relazioni specializzata nella comunicazione e marketing del vino e membro dell’Associazione tedesca dei Sommelier.

«La formazione professionale nel settore turistico, alberghiero e dell’enogastronomia afferma il presidente dell’Agenzia di Formazione Professionale delle Colline Astigiane Dino Aluffi è la mission dell’Agenzia da oltre 45 anni. Per questa ragione, e con entusiasmo, abbiamo messo a disposizione degli operatori economici del mondo vinicolo la nostra professionalità. Siamo convinti che lo sviluppo del territorio, la crescita della sua economia e del suo futuro dipendano principalmente dalla qualità dell’offerta che, proprio attraverso la formazione, deve sapersi continuamente migliorare e deve saper rispondere tempestivamente, ma anche anticipare le sollecitazioni e le aspettative del mercato».

«Continuare a formare gli operatori del settore afferma il presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, Filippo Mobrici per aprire loro nuove prospettive di sviluppo sui mercati esteri, è uno degli obiettivi perseguiti dal Consorzio, grazie a un ciclo di seminari internazionali che abbiamo organizzato, insieme ad altri importanti partner che operano sul territorio, e attraverso la partecipazione a fiere internazionali, come il recente Prowein dove eravamo presenti con 70 aziende associate. Il seminario con Emily Albers è solo una delle numerose iniziative che il Consorzio ha avviato con esperti ed influencer di fama e si rivolge ai wine export manager. La Germania, dove viene esportato il 15% della Barbera d'Asti, rappresenta un mercato su cui continuare a investire».

«La Germania è un paese molto interessante – spiega il presidente del consorzio di promozione I vini del Piemonte Nicola Argamante – perché è uno dei primi mercati al mondo per le importazioni di vinoD’altra parte, essendo un mercato “storico”, è anche estremamente competitivo, quindi è fondamentale investire nella promozione e per farlo efficacemente noi produttori dobbiamo puntare sui principali punti di forza del Piemonte, che sono la qualità, la ricchezza di varietà e denominazioni e il profondo legame con il “terroir”».

Al termine del seminario Emily Albers sarà a disposizione per rispondere alle domande dei partecipanti.


IL MERCATO DEL VINO IN GERMANIA

Il mercato tedesco continua ad essere strategico produttori di vino, per diverse ragioni:

Il 38% del vino che la Germania importa è italiano (14 milioni di ettolitri per un valore di 2,44 miliardi di euro, secondo dati Ice 2017). Il mercato tedesco è il primo mercato al mondo per il consumo di vini spumanti e il quarto per consumo di vino in generale. Inoltre la Germania non applica dazi, tasse né altre limitazioni sul commercio del vino e in questo momento c'è una crescita della domanda.

D'altra parte si tratta di un mercato molto competitivo, perché i tedeschi sono decisamente aperti per quanto riguarda i consumi e amano sperimentare vini proveniente da tutto il mondo.

Per i vini italiani la Germania è il secondo mercato al mondo, dopo quello statunitense. La gastronomia e la ristorazione italiana, inoltre, giocano un ruolo trainante.

Le esportazioni verso l’estero di tutte le denominazioni del Monferrato, tutelate dal Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, è del 50%. L’export di Barbera d’Asti in Germania si è attestato al 15% nel 2017 (fonte dati Valoritalia elaborati dal Consorzio)

Il 70% delle bottiglie sono acquistate direttamente dai consumatori presso vinerie ed enoteche, che costituiscono il più importante canale di vendita per quanto riguarda il valore. Il 25% dei produttori italiani ha i propri canali distributivi in Germania, mentre il restante 75% lavora con agenti e importatori tedeschi che hanno almeno il 40% di prodotti italiani nel loro assortimento.

 L'imponente castello di Costigliole d'Asti che ospita, tra l'altro, la sede del Consorzio della Barbera d'Asti
 

martedì 20 marzo 2018

«Clima che cambia, viticoltura che cambia»: un convegno a Ricaldone martedì 27 marzo


 
 

Vigneti sempre più a rischio di stress idrico: l’incontro alla Cantina Tre Secoli è organizzato da Millevigne, Vignaioli Piemontesi e Confcooperative


Sono due i principali fenomeni connessi al cambiamento climatico in atto: l’aumento delle temperature medie e dei picchi di calore, e l'aumento dei fenomeni meteorici estremi: piogge torrenziali, bufere di vento, ritorni di freddo primaverili. Più che la piovosità annuale è la distribuzione delle piogge a essere cambiata. Torrenziale in alcuni momenti, con fenomeni di erosione, smottamenti e allagamenti, e totalmente assente per lunghi periodi, con molte colture a rischio di stress: non più solo il mais o altre colture estive ma anche vigneti, frutteti, noccioleti, con danni non solo alla produzione ma anche alla qualità del prodotto. A rischio, in particolare, sono i nuovi impianti. È possibile rispondere a questi cambiamenti con una migliore gestione delle acque?
È quanto si discuterà martedì 27 marzo alla Cantina Tre Secoli di Ricaldone(Alessandria), in un convegno dal titolo «Clima che cambia, viticoltura che cambia»che Millevigne e Vignaioli Piemontesi hanno organizzato insieme a Confcooperative, con inizio alle ore 9,30. Il convegno occuperà la mattinata e sarà moderato dal direttore di Millevigne Maurizio Gily.

Interverranno:
Federico Spanna, Regione Piemonte, Settore Fitosanitario, ufficio agrometeorologia: il rischio stress idrico nella viticoltura piemontese attuale;

Michele Antonio Fino, docente di diritto, UNISG Pollenzo: irrigazione di soccorso e DOC, inquadramento normativo;

Sergio Costa, Scarabelli irrigazione: irrigazione a goccia: difesa della produzione e qualità del prodotto;
 

Sara Foglino, ingegnere idraulico: approvvigionamento e stoccaggio dell’acqua in collina.


Michele Poggio, viticoltore: un'esperienza piemontese di impianto a goccia su vigneto.

La partecipazione al convegno è libera.


 


lunedì 19 marzo 2018

Pasquetta è "Giornata del Bunet" da Carussin e Grappolo contro Luppolo


 

Lunedì 2 aprile il dolce tipico protagonista nella cantina
 di San Marzano Oliveto (Asti)

 

È Giornata del Bunet a Pasquetta nel Sud dell’Astigiano: l’invito arriva dall’azienda vitivinicola Carussin e dall’agribirreria Grappolo contro Luppolo di San Marzano Oliveto (nella foto di Giulio Morra il team). Dopo la bagna cauda e il tiramisu, anche il bunet ha dunque il suo giorno dedicato: lunedì 2 aprile si riscopre la cultura e le numerose preparazioni del tipico dolce piemontese.

«L’idea – racconta Bruna Ferro, vignaiola - è di un amico di famiglia: Mauro Musso, appassionato di enogastronomia che ama dilettarsi nel preparare il bunet per noi e i suoi amici. Durante più incontri conviviali, dopo aver assaggiato diversi tipi di bunet, è nata in lui la voglia di dedicare un’attenzione particolare a questo dolce per farlo conoscere in tutte le sue preparazioni tradizionali nelle varie zone di produzione».


 Da sin:  Luigi Garberoglio, Bruna Ferro, Mauro Musso
Mauro Musso, che ha il laboratorio artigianale di pasta “Casa dei tajarin” ad Alba, spiega: «A seconda della zona in cui viene cucinato cambiano ingredienti e tecniche di cottura, cosicché il risultato finale è una diversità notevole tra i vari tipi che vanno dalle versioni più antiche e semplici a quelle più moderne e complesse sia in preparazione che nei profumi espressi. Nei tempi passati è stato il dolce maggiormente proposto per terminare i menù tradizionali delle feste importanti in alcune zone delle province di Cuneo, Asti, Alessandria e Torino».

Le prime testimonianze dell’esistenza del bunet risalgono al XIII secolo.Sono molte le teorie sull’origine etimologica del nome “bunet”: nel dialetto piemontese la parola “bonet” indica un particolare copricapo di forma rotonda, simile allo stampo in cui viene cotto il dolce. La definizione è tratta dal “Vocabolario Piemontese/Italiano” di Vittorio di Sant’Albino, stampato nel 1859. «Bisogna tenere presente – svela Musso - un altro fattore che stando alla tradizione orale di Langa avrebbe contribuito a inventare il nome bunet : nei secoli passati i dolci più apprezzati erano molto ricchi di zucchero, mentre il bunet è un “dolce poco dolce” con una buona vena amarognola dovuta alla presenza di cacao e amaretti, cosicché molti ritenevano che quel dolce non fosse proprio “tantbun”, ma fosse solo “bunat”. Nel dialetto piemontese i diminutivi hanno sempre significato negativo fino a essere dispregiativi».

 

Ecco chi saranno i cucinieri e le cuciniere del bunet

Bunet tradizionale Bianco del Roero di Annamaria Messa da Bra

Bunet tradizionale Bianco del Basso Monferrato d’Asti di Paolo Ferrero da Cinaglio

Bunet di Fantasia Bianco di Mauro Musso da Alba

Bunet tradizionale del Basso Monferrato d’Asti di Claudia Santeroda Refrancore

Bunet tradizionale a due colori del Basso Monferrato d’Asti di Nadia Verrua da Scurzolengo

Bunet tradizionale del Alto Monferrato d’Asti di Raffaella Morando da Costigliole d’Asti

Bunet tradizionale del Monferrato Casalese di Enrico Druetto da Murisengo

Bunet tradizionale del Torinese di Enrico Druetto da Murisengo

Bunet tradizionale del Alto Monferrato d’Asti di Bruna Ferro da San Marzano Oliveto

Bunet tradizionale della Bassa Langa Cuneese di Mauro Musso da Alba

Bunet tradizionale dell’Alta Langa Cuneese di Carol Povignada Bergolo

Bunet tradizionale del Monferrato Andrea Roasio Trattoria da Geppe da Castagnole Monferrato

Bunet tradizionale della Valle Belbo Alessandra e Anna Bardone Trattoria Bardon di San Marzano Oliveto

Bunet tradizionale di Costigliole d’Asti Andrea Alciati e Monica Magnini ristorante Guido da Costigliole di Santo Stefano Belbo

Bunet rivisitato Brasile di Marina Maciel Santos Andrade e Hugo de Andrade

Bunet rivisitato Colombia di José Luis FreitasMoròn

Il programma

Lunedì 2 aprile la Giornata del Bunet si apre alle 11 con una presentazione e visita delle due realtà dell’azienda: la cantina storica di Carussin, gestita da Bruna e il marito Luigi Garberoglio, e il neo nato birrificio Clan!Destino, aperto dai figli Luca e Matteo.

Dalle 12 alle 19, è possibile fare il merendino di Pasquetta con: panino con l’hamburger, panino con la salamella, insalate, pan e minestra, friciule e lardo, selezione di formaggi. I piatti vano da 5 a 8 euro.

Dalle 13 alle 19degustazione culturale di 15 tipologie di bunet accompagnata da un bicchiere di Moscato d’Asti Filari Corti (10 euro).

Lungo tutta la giornata l’allegria delle canzoni popolari di Bruno dei Brav’om.

Prenotazioni e info: 388 9981851 (Marina), vinicarussin@gmail.com

L’azienda Carussin

Carussin sono oggi 15 ettari di vigna (80% coltivati a Barbera) condotti con coltivazione biologica e biodinamica. All’anno si producono 80 mila bottiglie. L’anima di Carussin sono Bruna e Luigi con i figli Luca e Matteo. È la generazione che continua il lavoro iniziato nel 1927 dal nonno Maggiore.
Luca si occupa della cantina ed è anche un appassionato produttore di birra: produce 24 mila bottiglie all’anno di una birra molto apprezzata e premiata, “Clan!Destino”.
Quest’anno i due fratelli inaugureranno un birrificio agricolo all’interno dell’azienda. L’orzo da cui si ricava il malto, viene autoprodotto in tre ettari di proprietà.
Tornato dopo un’esperienza all’estero, Matteo cura un orto di aromi e varietà antiche di verdure. Fanno parte del team anche Hugo de Andrade e Marina Maciel Santos Andrade, ex giornalista ed ex economista, che hanno lasciato il Brasile e i loro lavori per entrare in un progetto internazionale di volontariato agricolo. Completano la famiglia: 10 asini, cinque cani Nero, Ami, Lina, Mucchina e Fox; tre gatti Gatto Clepa, Antrace e Tina. Carussin è anche proprietaria di oltre 7 ettari di bosco nella Langa astigiana, che viene conservato per preservare la biodiversità.