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sabato 21 dicembre 2013

Al via il nuovo disciplinare del Nizza docg


 

La super Barbera punta ad arrivare ad un milione di bottiglie nel prossimo futuro

Un bel regalo di Natale per l’Associazione Produttori che da tempo ha attuato e porta avanti un progetto rivolto alla qualità e selezione della Barbera, un vino che ha una grande importanza storica ed economica nell’enologia piemontese e meritava una denominazione specifica nata per rafforzarne l’immagine in Italia e nel mondo.

l nuovo Nizza docg. è nato ufficialmente il 20 dicembre  in base a quanto deciso  dall’assemblea dei soci del Consorzio dei Vini d’Asti e Monferrato,  che ha approvato all’unanimità il rinnovato disciplinare della super Barbera che, dal 2000, viene prodotta in 18 comuni del Sud Astigiano, attorno alla città di Nizza Monferrato.
Come evidenziano i dati che riportiamo di seguito, è una produzione di non elevata quantità, ma che fin dall’inizio punta a far conoscere meglio il rapporto vino/territorio di una zona da tutti e da sempre riconosciuta d’eccellenza per la coltivazione di questo vitigno.

  Dopo undici anni di intenso lavoro – commentano Lorenzo Giordano e Gianluca Morino, presidenti rispettivamente di Consorzio e Associazione Produttori del Nizza – oggi si realizza un sogno: ora il Nizza può diventare davvero la punta di diamante della produzione di Barbera del Piemonte. E’ un nome breve, facile da ricordare ed è legato a un territorio. In più è un progetto condiviso da tutti che può diventare un’opportunità unica per l’area di produzione della Barbera. Oggi si producono circa 200 mila bottiglie in 44 aziende vitivinicole, ma l’ambizione è di arrivare a un milione entro il 2015”.
Scommessa lanciata.e che sembra attuabile, vista la coesione e l’impegno comune  degli associati, che comprendono  piccole aziende agricole  ma anche Cantine più grandi in grado di sviluppare ulteriormente la produzione in questo segmento. E’ anche importante sottolineare che attualmente già un 46%  della produzione del “Nizza” prende le strade dell’export e questo lascia spazio ad ulteriori progressi, per quei mercati che ricercano rossi di qualità superiore alla media.

Positive le novità introdotte nel disciplinare. Il nuovo Nizza sarà 100% Barbera. Non è consentito l’arricchimento del grado alcolico nelle annate dichiarate sfavorevoli: nelle annate difficili non si produrrà “Nizza”.
Inoltre nasce un Nizza riserva che deve essere affinato in cantina almeno 30 mesi (minimo 12 mesi in botti di legno).
 Si è chiuso un percorso di confronto, discussione e crescita che è iniziato negli Anni 90, poi consolidato il 19 novembre 2002 con la nascita dell’Associazione Produttori del Nizza – ribadiscono Giordano e Morino – “un grande merito va a Michele Chiarlo, primo presidente che è riuscito ad aggregare il gruppo, all’enologo Giuliano Noé, padre del disciplinare e a Sandro Gioanola, che è stato tra i primi a credere nel Nizza. Vogliamo ricordare anche Tullio Mussa, che fu direttore dell’ex Bottega del vino di Nizza, ora Enoteca regionale. E’ anche grazie a lui se oggi il Nizza ha raggiunto l’obiettivo dell’eccellenza e se può puntare alto”.

Novità  importanti anche sul fronte della tappatura: se per la denominazione Nizza, come per le sottozone e la menzione vigna, resta l’obbligo del sughero, viene invece liberalizzata la chiusura delle bottiglie di Barbera d’Asti docg (il disciplinare esclude solo il tappo a corona). “La scelta di poter utilizzare tappi alternativi al sughero – dice Stefano Chiarlo, produttore vinicolo - è un’apertura verso nuovi mercati come quelli del Sud Est Asiatico, dove il tappo in sughero  rappresenta un ostacolo al consumo. Non tutti i popoli hanno dimestichezza ad usare il cavatappi. Inoltre tappi più moderni portano vantaggi per nuove occasioni di consumo a bicchiere nei bar e locali per giovani, facilitando la chiusura della bottiglia e quindi la conservazione del vino”. Stesso discorso per il Ruché di Castagnole Monferrato, il cui nuovo disciplinare esclude solo la possibilità di utilizzare i tappi sintetici e tappo a corona.
I vini monferrini in sostanza guardano sempre più e si adeguano al mercato mondiale e alle sue richieste, la competizione è notevole ma le potenzialità per raccogliere buoni risultati non mancano.

La produzione del Nizza in numeri:
         160 ettari
  • 18 Comuni 
  • 200 mila bottiglie
  • 44 aziende vinicole
  • 46% export (Germania, Svizzera, Usa, Cina, Olanda, Danimarca)
  • 2000 primo anno di produzione
  • 19 novembre 2002 nasce l’associazione Produttori del Nizza

 

 

martedì 10 dicembre 2013

Troppe 66 Doc vinicole in Piemonte, ne basterebbero 23



Proposta tecnica da parte del Comitato per la celebrazione del 50° anniversario della legge Desana: una drastica revisione che semplifichi e faciliti i commerci mondiali

 
In tanti anni in cui mi sono occupato giornalisticamente di vini, in particolare di quelli piemontesi, spesso mi è venuto il dubbio che si stesse esagerando nel far nascere continuamente nuove Doc, in molti casi relegate a piccolissime "enclave"  viticole e altrettanto minuscole produzioni, non sempre particolarmente qualificate, anche se c'è qualche eccezione "di nicchia" come lo splendido Loazzolo. 
C'era di mezzo, inutile negarlo, la politica e anche la forte frammentazione campanilistica tra i vari territori, che ha portato a voler distribuire "contentini" un po' ovunque, anche dove francamente non sembrava il caso.
Da molto tempo ho rilevato nei miei scritti su varie testate, dal cartaceo all'on-line, che questo proliferare di denominazioni rischiava di creare non poca confusione sul mercato e nel consumatore finale e purtroppo così è stato, quindi mi fa molto piacere che altri esperti ben più qualificati del sottoscritto, sia dello stesso parere . e si siano attivati per ridurre sensibilmente queste Doc e Docg in base a parametri oggettivi e non difficili da individuare, Questo potrebbe indubbiamente giovare al vino piemontese, in particolare in ambito del mercato internazionale, ma non farebbe male alla maggiore diffusione di molti vini anche in Italia, dove sono praticamente sconosciuti.
 Dal momento che conosco abbastanza bene il contesto, temo che sarà molto dura eliminare così tante denominazioni, ma se qualcuno non comincia c'è il rischio oggettivo di vederne nascere altre, perfettamente inutili e se vogliamo anche un po' dannose......
a.s.

 

Il sistema delle doc e docg del Piemonte deve essere profondamente revisionato, correggendo situazioni anacronistiche e incompatibili e soprattutto mettendo gli operatori del settore in condizione di utilizzare al meglio le comunicazioni commerciali. Questa è un’opinione diffusa, di cui si è fatto carico il Comitato di esperti che quest’anno ha realizzato un programma di celebrazioni e un libro sul 50° anniversario della prima legge italiana sulle denominazioni d’origine.

Presentata ufficialmente ad una manifestazione della Regione Piemonte, la proposta del Comitato (coordinatore è Andrea Desana) prefigura dettagliatamente un nuovo sistema, articolato su 4 tipi di denominazione:

1)     le “premium” cioè quelle prevalentemente indirizzate all’esportazione (Asti, Barbaresco, Barolo, Gavi, Moscato d’Asti) tendenzialmente in crescita verso i 130 milioni annui di bottiglie; la proposta prevede che ai 5 vini se ne aggiunga un sesto (Barbera d’Asti, nella denominazione “Nizza”);

2)     una fascia di 9 altre doc, prevalentemente limitate alla diffusione nazionale (circa 165 milioni annui di bottiglie tendenzialmente in riduzione verso 150 milioni);

3)     le “terroir” cioè quelle destinate ad un’area interregionale (35 doc attuali per complessivi 5 milioni annui di bottiglie) che il Comitato propone di ricondurre all’unica doc Piemonte;

4)     infine un limitato numero di 7 doc “speciali” (per un milione di bottiglie) considerate da collezione.

 

In sostanza dai 58 decreti istitutivi delle doc attuali scaturiscono ben 66 diverse denominazioni in etichette (per giunta con tante altre sottodenominazioni e specificazioni), quindi una massa esagerata di denominazioni, che il consumatore italiano e il mercato mondiale non potrà mai memorizzare nel suo complesso. Il Comitato propone quindi una drastica riduzione a sole 23 denominazioni: gli spumanti Asti e Alta Langa; i bianchi Gavi e Arneis; i rossi Barbaresco, Barbera d’Asti, Alba, Barolo, Carema, Gattinara, Ghemme, Ruchè di Castagnole Monferrato, inoltre le tre Piemonte, Langhe, Monferrato che possono essere sia bianchi che rossi; infine gli aromatici Brachetto d’Acqui, Caluso Passito, Loazzolo, Moscato d’Asti, Strevi.

E’ un progetto articolato e complesso, pubblicato integralmente in questi giorni sulla rivista Barolo & Co. (www.baroloeco.it), su cui inizia ora la discussione. Si registra fin d’ora il sostanziale consenso di qualificati ambienti rappresentativi della produzione vinicola piemontese.

 

mercoledì 4 dicembre 2013

"I Tre Vescovi Rosè" Metodo Classico da uve barbera, novità per intenditori


 
La grande versatilità dell’uva barbera nel dare origine a vini con caratteristiche sensibilmente differenti tra loro, è fatto noto da chi segue da vicino la produzione di questo storico  vino piemontese,  il cui vitigno è diffuso largamente in tutte le  principali aree vitivinicole  regionali:dal Monferrato alle Langhe con il Roero e nei Colli Tortonesi.
Nel presentare alla stampa  presso la  sede della Cantina  di Vinchio e Vaglio Serra uno spumante prodotto con il METODO CLASSICO da sole uve barbera, che costituisce  una novità molto interessante,  Giuliano Noè, tra i più noti ed esperti  winemaker a livello nazionale, ha ricordato gli studi pregressi molto approfonditi  e la sperimentazione  che hanno portato a questo primo  risultato,  in  un percorso che  rappresenta una storia lunga e affascinante
Affiancato dal presidente e dal direttore della Cantina Lorenzo Giordano e Ernestino Laiolo, Noè ha illustrato  
“I TreVescovi Rosè”,
uno spumante metodo classico che vuole ricordare non solo nel nome, ma anche nei caratteri tipici del prodotto di origine, l’omonima e molto nota Barbera d’Asti superiore docg.

Prodotto con uve selezionate di una grande annata, il 2010, vinificate  con molta cura e lasciando che un pallido colore rosato sia testimone del vitigno e dell’uva da cui trae  origine.
“I Tre Vescovi rosè” è frutto di una
ciclo  produttivo che  inizia prima della vendemmia, la scelta delle uve viene fatta con grande attenzione,  per ottenere una materia prima di ottima qualità, perfettamente sana e giustamente matura,  con una ricchezza zuccherina non eccessiva.

L'uva, raccolta in cassette, viene pressata integra, in modo soffice, per ottenere circa il 50% di mosto fiore dalla quantità  di partenza.
Dopo una decantazione naturale, il mosto viene fatto fermentare a temperatura controllata in piccole botti per un periodo di circa tre mesi, dopodiché inizia quello che rappresenta per il vino un momento fondamentale, in quando  dà inizio ad una seconda vita.
Il vino,  ormai brillante e stabile,aggiunto di zucchero, di lieviti particolari viene imbottigliato, chiuso con un tappo speciale e posto a fermentare (seconda fermentazione) in ambiente opportunamente condizionato (15-18 gradi) al riparo della luce.

Qui inizia la trasformazione, lenta e incessante, di un vino in uno spumante ad opera di meravigliosi microrganismi che elaborano lo zucchero producendo alcool e anidride carbonica la quale, imprigionata dal tappo, si amalgama finemente col vino e darà origine al momento della stappatura alla spuma e al perlage.

Dopo 24 mesi si realizza la prima “sboccatura”, la fase finale della storia che consiste in una serie di operazioni che hanno come scopo di eliminare i lieviti dalle bottiglie, di colmarle e di tapparle con il classico tappo a fungo, il nostro spumante metodo classico I TRE VESCOVI  è quindi pronto per essere degustato.


Il risultato è un vino dal colore rosato pallido con riflessi gialli che ricordano quello che in francese viene definito pelle di cipolla (peau d’oignon), dal profumo complesso, una buona eleganza, con sentori di crosta di pane e piacevoli note fruttate mantenendo un’ottima armonia.
Al gusto si presenta sapido, vivo, con una ottima struttura e persistenza, una piacevole nota vanigliata sul finale, che riconfermano le impressioni olfattive
.
 
  
 
Vinificazione
Metodo classico o Champenoise: dopo una prima fermentazione in piccole botti di circa tre mesi il vino viene fatto fermentare una seconda volta in bottiglia per 24 mesi per la prima sboccatura.(Seguiranno altre sboccature a 36 mesi. 48 mesi ecc.)
 
gradazione alcolica
12,50
 
acidità totale
 
* Garde probable
10 anni
 
temperatura di servizio
10-12°C
 

ACCOSTAMENTI GASTRONOMICI:
Per la sua complessità olfattiva e gustativa, può accompagnare un pasto completo, confermando la duttilità propria del vino da cui trae le origini.

La prima produzione è stata volutamente limitata, poco più di 4.000 bottiglie a disposizione degli appassionati di rarità enologiche di  grande qualità.

Presso al pubblico 14 euro a bottiglia, acquistabile direttamente presso il punto vendita della Cantina.

Info e contatti sul sito www.vinchio.com  

Ernestino Laiolo, Lorenzo Giordano e Giuliano Noè durante la presentazione

martedì 3 dicembre 2013

Una rossa con il cuore di Natale. Edizione limitata dell’etichetta Barbera Vespa di Cascina Castlèt



L’azienda vitivinicola di Costigliole d’Asti ha lanciato un’edizione limitata dell’etichetta della Barbera d’Asti "Vespa" per accompagnare i brindisi delle festività natalizie. L’idea è della vignaiola Mariuccia Borio,  alla quale da sempre non fa certo  difetto la creatività: “Abbiamo ripensato l’etichetta tradizionale – spiega - alle bimbe abbiamo messo il cappello di Babbo Natale e dipinto di rosso barbera la Vespa. Anche la fantasia è un mezzo per superare questo momento di crisi. In più abbiamo scelto di non ritoccare i prezzi: il costo di tutte le nostre bottiglie, etichetta di Natale compresa, resta lo stesso”.
Quella della Vespa è una delle storiche e più conosciute etichette di Cascina Castlèt: un ritratto di famiglia negli Anni 50 quando la bimba Mariuccia andava in vacanza dai nonni e giocava con le cuginette Fiorella, Giuliana e Rita. La foto d’epoca ritrae le quattro bimbe sorridenti in sella alla Vespa.
Nella nuova versione natalizia, è un’originale idea regalo disponibile in Magnum (1,5 litri) e in bottiglia da 0,75.   La Barbera ovviamente è sempre quella,  apprezzata da sempre dagli intenditori: buona e piacevole, perfetta per accompagnare la tavola delle Feste.
 
L’azienda. La storia di Mariuccia Borio imprenditrice vitivinicola inizia nel 1970, quando alla morte del padre lei eredita parte di Cascina Castlèt, circa 5 ettari, in totale erano 20 ettari che il nonno aveva diviso tra i 4 figli maschi. Le donne erano escluse dall’eredità della terra, la terra la portavano solo in dote. Per Mariuccia, figlia unica, non c’era altra soluzione “ma a questo non ho pensato – ricorda la vignaiola - sono partita senza pregiudizi”. Da allora gli ettari sono cresciuti. Oggi sono venticinque ettari di vigna a Costigliole d’Asti, tra il Monferrato e la Langa. Dice Mariuccia Borio: “Curo personalmente tutta la filiera, dalla vigna fino alla tavola ove il vino verrà consumato. Ho scommesso sulla terra, sulla nostra terra, sui vitigni del luogo, Barbera, Moscato, Uvalino, Chardonnay e Cabernet, vitigni che fin dall’ottocento sono presenti nel nostro territorio. La viticoltura è anche una questione di etica e di cultura, rispetto dell’ambiente e di chi lavora”.  Cascina Castlèt produce circa 250.000 bottiglie. La distribuzione avviene in 15 Paesi esteri e rappresenta l' 80% della produzione. Un tocco di estro sui nomi dei vini Ataj , Aviè, Goj, Litina, Passum, Policalpo, Uceline: tutti racchiudono un piccolo segreto, un racconto, una storia. Molte etichette sono disegnate dal designer Giacomo Bersanetti.
 
 
                                                            Mariuccia Borio