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martedì 17 gennaio 2012

L'importanza di chiamarsi "Canelli": nasce un super Moscato d'Asti Docg

Le colline del Moscato di Canelli viste da Regione Sant'Antonio, uno dei "cru" storici del territorio


Sono 22 i comuni dell’area del Moscato d’Asti Docg che potranno applicare l’ulteriore qualifica “Canelli” sulle etichette, seguendo uno specifico disciplinare di produzione. Dieci i comuni in provincia di Asti e 12 in quella di Cuneo. 

L’obbiettivo è quello di offrire al mercato il top della qualità per lo storico vino aromatico,  che sta ottenendo grande e meritato successo in tutto il mondo



Il decreto del 15 novembre 2011,  del direttore generale dello Sviluppo Agroalimentare e della Qualità ha autorizzato la denominazione di origine controllata e garantita “Moscato d’Asti”, seguita dalla specifica “sottozona Canelli”. La burocrazia, come noto, non ha molta fantasia ed  anche in questo caso non si è riusciti ad eliminare il termine “sottozona”,  che ai consumatori non esperti potrebbe sembrare riduttivo anziché qualificante quale in effetti è. 
Comunque nelle etichette i produttori locali che, a quanto risulta credono molto in questa opportunità, finiranno per indicare solo “Canelli” in etichetta, come avviene, ad esempio per la Barbera nella qualificata sottozona “Nizza”.
Interessante anche la possibilità di applicare la denominazione ‘Moscato d’Asti’ seguita dalla specificazione ‘Canelli’, accompagnata dalla menzione ‘vigna’ purché il vigneto abbia un’età di impianto di almeno sette anni. Se l’età del vigneto è inferiore, la produzione di uve ad ettaro ammessa è pari: al terzo anno, resa uva 5,1 t/ha; al quarto anno, 5,9; al quinto anno, 6,8; al sesto, 7,7.
Controllando le rese per ettaro, valorizzando “i sori” con le vigne meglio esposte che sono da sempre il miglior biglietto da visita del Moscato, si potrà mantenere un’immagine qualitativa vincente e qualificata. Importante anche l’indicazione in etichetta dell’annata di produzione. Canelli ci ha creduto e questo è un primo passo importante che gioverà sicuramente a tutta la viticoltura del territorio compreso nel disciplinare.
  



Sottozona Canelli D.O.C.G. (D.M. 21/11/2011 - G.U. n.281 del 2/12/2011)



zona di produzione
in provincia di Cuneo: l'intero territorio dei Comuni di Camo, Castiglione Tinella, Cossano Belbo, Mango, Neive, Neviglie, Rocchetta Belbo, Serralunga d'Alba, S. Stefano Belbo, Treiso, Trezzo Tinella e le frazioni di Como e San Rocco Seno d'Elvio del Comune di Alba;
● in provincia di Asti: l'intero territorio dei Comuni di Calamandrana, Calosso, Canelli, Cassinasco, Castagnole Lanze, Coazzolo, Costigliole d'Asti, Moasca, San Marzano Oliveto e la porzione di territorio sito sulla sinistra orografica del fiume Bormida del Comune di Loazzolo
;

base ampelografica
● Moscato d'Asti: Moscato Bianco o “di Canelli”

norme per la viticoltura
● la forma di allevamento è quella tradizionale a controspalliera con potatura a Guyot a vegetazione assurgente;
● i nuovi impianti e reimpianti devono avere una densità minima di 4.000 ceppi/Ha;
● è consentita l'irrigazione di soccorso;
● la resa massima di uva in coltura specializzata e il titolo alcolometrico volumico minimo naturale devono essere di 9,5 t/Ha e 11,00% vol. (8,5 t/Ha e 11,50% vol. con menzione "Vigna");

norme per la vinificazione
● le operazioni di vinificazione, affinamento, invecchiamento ed imbottigliamento devono essere effettuate nella zona di produzione;

norme per l'etichettatura
● per il vino a Denominazione d'Origine Controllata e Garantita "Moscato d'Asti" sottozona Canelli è obbligatoria l'indicazione dell'annata di produzione delle uve

MOSCATO DI CANELLI

Una storia millenaria



Il Moscato bianco o Moscato di Canelli, come  è storicamente  definito in tutti i testi di ampelografia, la scienza che studia e cataloga le caratteristiche delle migliaia di cultivar della vitis vinifera, è uno dei più antichi e rappresentativi vitigni autoctoni piemontesi, attualmente coltivato su oltre 9.000 ettari, poco meno del 20% dell'intera superficie viticola regionale piemontese.

Gli storici ritengono sia arrivato nel territorio di Canelli molto prima della dominazione romana, tramite le popolazioni Liguri che la popolarono. I romani, che già apprezzavano molto il vino ottenuto dal quel vitigno antichissimo originario del Caucaso e poi diffusosi rapidamente in tutto il bacino del Mediterraneo, si limitarono probabilmente ad incrementarne la coltivazione.

Le uve di Moscato, le "Apiciae" di Catone e "Apianae" di Columella e Plinio, così chiamate in quanto predilette dalle api per la loro dolcezza, trovarono a Canelli  terreni collinari ed esposizioni ideali, sviluppando presto caratteristiche proprie che, data la straordinaria ricchezza del quadro aromatico, le rendono uniche, nel pur ampio panorama di vitigni Moscato presenti in Italia e nel mondo. Da moltissime fonti storiche medioevali e rinascimentali si possono individuare documenti di tutti i generi , che citano con ammirazione la produzione di ottimi vini moscatello e moscadelli,  riferendosi già all'epoca al successo di una coltura oggi preponderante in  52 comuni che interessano una larga fascia collinare delle province di Alessandria, Asti e Cuneo. Dai suoi grappoli dorati si ottengono due diffusi vini bianchi aromatici a denominazione d’origine controllata e garantita (Docg): l'Asti  e il Moscato d’Asti.  Nel 1895, con la pubblicazione del volume “Moscato di Canelli” edito dalla U.T.E.T. di Torino, gli studiosi Strucchi e Zecchini descrissero dettagliatamente il vitigno e le sue precise caratteristiche, unitamente alle tecniche produttive e qualità organolettiche uniche del vino che ne derivava. Un testo che a distanza di  più di  115  anni  rimane fondamentale nella bibliografia riferita ad una produzione che dalla metà del XIX secolo si stava rapidamente affermando sul mercato nazionale ed internazionale, strettamente legata a Canelli, che era da millenni il territorio di riferimento e che in quel periodo registrava  un grande sviluppo imprenditoriale nel settore enologico.  
grappolo di Moscato di Canelli

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