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sabato 26 novembre 2011

Occorre spendere una fortuna per bere buoni vini?


In questi giorni si svolge a  Verona la fiera del lusso Luxury and Yachts”, che presumo sia frequentata da  un buon numero di soggetti ben inquadrati dalla recente pubblicità di un’auto a prezzo abbordabile (o giusto?) che rispondono al venditore che lo ricorda: solo?  Ma io volevo spendere molto di più….”.
Queste fiere non mi scandalizzano più di tanto, ci sono sempre stati e ci saranno sempre nel mondo i cosiddetti 
“big spender” che tradurrei prosaicamente  in “spendaccioni”, oggi “nuovi ricchi” in gran parte di Paesi “emergenti” disposti a sborsare cifre folli, per i comuni mortali, nei più vari settori, vini e cibo compresi. L’Italia  riesce a sviluppare, nonostante i tempi di vacche magre globalizzati, fatturati notevoli nell’export verso questi “big spender”, nella moda, gioielli degni di regine, auto fuoriserie, nautica, antiquariato di alto livello  e quant'altro e quindi nulla da eccepire.
Se non coprissimo questo settore con l’indubbia classe e creatività del
Made in Italy  lo farebbe qualcun altro e già capita in parte con le  molte contraffazioni, comprese quelle alimentari, non solo cinesi.
Tuttavia, pensando al mercato “nazionale” le esagerazioni procurano qualche legittimo “fastidio”, specie in questo periodo non proprio florido per le tasche dei più,  come vedere il listino di un sito dedicato alla vendita di  vini esclusivi, nel quale il vino più a “buon mercato” supera abbondantemente 1.000 euro  la bottiglia, beninteso per il formato da cl. 75,  perché per il magnum occorre il doppio, Iva e trasporto escluso.
Riporto con piacere l’articolo di  
Luigi Odello, enologo di rango e fondatore e direttore del Centro Studi  Assaggiatori di Brescia,  che ricorda che non è necessario spendere cifre esorbitanti per bere bene.

Come risparmiare 70.000 euro e bere bene

E’ di questi giorni l’analisi del portale Italianwineboutique.it nella quale viene messo in evidenza che c’è gente capace di spendere fino a 70.000 euro per una bottiglia di vino. In testa gli asiatici (cinesi e indiani) e i sudamericani (brasiliani e venezuelani).
Ebbene sì, devo ammetterlo, pur occupandomi di vino da decenni per percorso curriculare e professionale, non mi sono mai aperto una bottiglia da 70.000 euro. Ma la cosa più scandalosa è che non ne sento neppure la necessità, ben sapendo che simili follie riescono a produrre eccitazione solo se si conosce l’etichetta e il relativo prezzo, perché di vini sensorialmente fantastici se ne trovano a prezzi decisamente inferiori.
Ammetto anche un’altra cosa: questi vini mi stanno antipatici. Rappresentano uno schiaffo alla povertà, un’ode alla volgare ostentazione, la peggiore ammissione di ignoranza enologica.
Sì, perché chi ama davvero il vino sa leggerlo con l’anima, sa cogliere tutte le sfumature, gode della qualità della materia prima e della maestria utilizzata nella sua elaborazione. Per fare questo ha solo una strada: imparare ad assaggiare. Ma per quanto siano costosi i corsi da sommelier e da assaggiatore, di un eventuale budget da 70.000 euro può risparmiarne gran parte per concedersi un buon bicchiere di vino, anche di un grande vino, per tutti i pasti della sua vita.
In questi giorni è pure uscita la Guida Vini 2012 di Altroconsumo che, ancora una volta, mette in evidenza come non ci sia una correlazione costante tra il livello di appagamento sensoriale di un vino e il suo prezzo.
Consultatela: anche questo è un suggerimento su come risparmiare 70.000 euro e bere bene.
Luigi Odello


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