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lunedì 17 dicembre 2012

Dall'agricoltura una risorsa per combattere la recessione e la disoccupazione

                                   Francesco Giaquinta, Massimo Forno, Roberto Bocchino


Il messaggio trasmesso venerdì 14 dicembre dai vertici di Confagricoltura Asti in una conferenza stampa che si è tenuta presso il ristorante Cambiocavallo nel capoluogo,  è forte e chiaro: l'agricoltura in generale è un settore che sta tenendo, nonostante la forte crisi che colpisce il Paese in tutti i comparti produttivi e terziari. E' un indicatore che va attentamente analizzato, specie dal governo che scaturirà dalle ormai imminenti elezioni politiche previste in febbraio e riguarda tutta la penisola, sia pure in contesti produttivi e strutturali differenti tra regione e regione. Importante l'aspetto occupazionale che, sia pure in un contesto di ricambio generazionale, vede riaffacciarci i giovani al settore, che  di fatto offre più di altri possibilità di lavoro. Il presidente Massimo Forno e il direttore  di Confagricoltura Asti  Francesco Giaquinta, nel rilevare che l'agricoltura sta vivendo un mutamento strutturale importante iniziato ormai da anni, accorpando sempre più le piccole aziende agricole in strutture con maggiori ettari e più possibilità di produrre reddito, hanno posto l'accento sul fatto che non si è perduto terreno coltivato in provincia di Asti e che qualche vigneto di bassa collina, coltivato con vitigni a bassa redditività,  ha ceduto il passo ai seminativi di cereali che tornano ad essere remunerativi. Le preoccupazioni per il settore vitiivinicolo arrivano soprattutto dalla flavescenza dorata, che continua a falcidiare i vigneti estendendosi in aree pregiate prima non coinvolte, rivelando l'inutilità dei trattamenti, specie come sono applicati ad oggi. Qualche preoccupazione per l'Asti docg che dai primi indicatori sembra aver perso sensibilmente mercato, mentre il Moscato d'Asti docg tiene e continua ad incrementare. Un quadro  più preciso si potrà avere nei primi mesi del 2013 in base ai consumi tradizionali di fine anno.
Le problematiche del settore agricolo, come ha anche ricordato il responsabile economico Roberto Bocchino sono poi legate all'eccessive incombenze burocratiche che frenano di fatto l'attività (un problema che purtroppo affligge tutti gli ambiti produttivi), preoccupazioni anche per l'introduzione dell'IMU che in agricoltura non era mai stata applicata e di fatto aggrava i costi già aumentati per molte voci, come ad esempio i carburanti.
La zootecnia in provincia di Asti si difende bene, grazie soprattutto al valore aggiunto della carne bovina di razza piemontese, che ha pochi rivali al mondo per qualità. Il 2 marzo 2013, hanno annunciato Forno e Giaquinta, è prevista una giornata dedicata a questa carne davvero speciale con una inedita degustazione che, come si fa coi vini, la metterà a confronto con carni di altre razze bovine allevate in Piemonte.

Di seguito l'analisi dettagliata diffusa da Confagricoltura Asti


Zootecnia
Il Piemonte e l’Astigiano offrono eccellenze indiscutibili in questo campo, soprattutto per quanto riguarda l’allevamento bovino.
Il comparto tuttavia sta soffrendo dal punto di vista economico a causa degli aumentati costi di produzione dei mangimi (+25/30%) strettamente collegati ai rincari del carburante.
Nonostante questo gli allevatori astigiani si sono fatti responsabilmente carico di questa situazione e non hanno aumentato i prezzi. Che sono rimasti sostanzialmente quelli di 5 anni fa, con conseguente controllo anche dei costi al consumo il quale ha comunque avuto una contrazione conseguenza della grave crisi economica nazionale.
Ne è derivata una situazione di sostanziale stasi dove per le imprese zootecniche del comparto bovino i costi e ricavi si sono equiparati, persino nonostante l’utilizzo di risorse pubbliche.
Per fornire qualche dato, negli allevamenti astigiani di bovini i capi sono aumentati del 2,46%, pari a 1.500 esemplari in più rispetto allo scorso anno quando furono registrati circa 46,600 capi. Siamo in controtendenza rispetto alle percentuali nazionali che hanno segni negativi. È il segno che gli allevatori astigiani credono nelle potenzialità del loro prodotto che, nonostante la crisi, continua a riscuotere ilconsenso dei consumatori. È un atteggiamento che va premiato e incoraggiato. Anche per questo il prossimo 2 marzo abbiamo in cantiere una grande manifestazione dedicata proprio alla carne piemontese e astigiana, con notissimi testimonial del mondo dell’informazione agroalimentare.
Nei settori suinicolo e avicolo si registra una lieve ripresa dei prezzi, con aumenti di capi
rispettivamente del 2,5 e del 4%. Per il settore avicolo, in particolare, gli aumenti sono dovuti alla crisi economica che costringe molti consumatori ad orientarsi verso prodotti meno impegnativi dal punto di vista finanziario. In questo senso il settore avicolo offre scelte interessanti e per tutte le tasche. E parlando di allevamenti avicoli segnalo una curiosità: la popolazione di struzzi nell’Astigiano è calata drasticamente da 65 a 10 capi, ben l’85% in meno. Evidentemente la carne esotica non interessa più come in passato.
Cereali
Vale l’equazione delle carni: quando c’è una crisi economica e dei consumi alimentari, il pubblico si orienta verso gli alimenti a costo contenuto con un buon rapporto qualità/prezzo/apporto alimentare.
È il caso del grano e dell’orzo che quest’anno hanno spuntato i prezzi migliori degli ultimi dieci anni, nonostante la siccità abbia pesantemente compromesso parte dei raccolti. Entrando nello specifico le superfici arabili quest’anno sono aumentate del 4,5%, in particolare per grano e orzo. Tuttavia la resa media ad ettaro è calata del 15% per via della siccità. Complessivamente, dunque, nell’Astigiano abbiamo registrato 130 mila quintali di cereali in meno su una produzione complessiva di circa 1,6 milioni di quintali che derivano da una superficie totale coltivata di 40 mila ettari. Sensibile l’aumento di prezzo che ha raggiunto indici in positivo tra il 25 e il 30% rispetto allo scorso anno. Da osservare chequesto dato coincide perfettamente con quello relativo all’aumento dei mangimi per gli allevamenti bovini. Non è una combinazione, ma la riprova che per l’allevamento dei bovini nell’Astigiano si utilizzano solo alimenti di primissima qualità.
 Vino
Per questi settori ci siamo avvalsi dei dati diffusi in questi giorni dai principali Consorzi di tutela, soprattutto per quanto attiene i due vini più prodotti nell’Astigiano: Barbera e Moscato.
Barbera
Dal 2008 al 2012 c’è un netto calo di produzione della somma delle tipologie Barbera (sia le due DOCG, Asti e Monferrato Superiore sia le doc Monferrato e Piemonte). In questo anno ci si è fermati sotto la soglia dei 400mila ettolitri, precisamente a 380mila con un -80mila ettolitri rispetto al 2010 e un -15mila se guardiamo al 2011. Significativa la controtendenza sulla Barbera d’Asti che incrementa la produzione dell’8%, mentre la flessione maggiore si registra sulle doc di ricaduta come il Piemonte Barbera che fa segnare un -45%. Per quanto riguarda le bottiglie, nel 2012 se ne sono prodotte 57 milioni, un +6% rispetto al 2010 con numeri omogenei rispetto a tutte le tipologie di Barbera.
Asti e Moscato d’Asti
Il dato più eclatante è quello negativo di un -14 milioni di bottiglie che colpisce soprattutto l’Asti docg. In questo senso noi di Confagricoltura siamo preoccupati perché questa situazione fa tornare il comparto al 2010. Dopo i 106 milioni di bottiglie del 2011 ci aspettavamo un assestamento, ma certo non così pesante, nonostante i motivi legati a varie situazioni di mercato, soprattutto export.
A nostro avviso è necessario rivedere le rese ad ettaro ed individuate strumenti che aiutino a condurre il igneto moscato verso produzioni più aderenti alle sue reali potenzialità.
Superfici e aziende
Ecco qualche numero sull’andamento dell’anagrafe delle aziende agricole astigiane e sulla superficie agricola provinciale con dati rilevati incrociando i rapporti degli enti di controllo e previdenziali con l’ultimo censimento agricolo.
C’è stato un aumento della superficie media aziendale, si è passati da 4,1 a 7,8 ettari, ma se si guarda alle aziende attive, cioè quelle che investono e utilizzano risorse, ebbene siamo arrivati anche 9,5 ettari. Il che significa che in dieci anni la superficie e più che raddoppiata. Il motivo? In agricoltura piccolo è sempre meno bello, concorrenziale e soprattutto remunerativo.
Nell’Astigiano molte piccole aziende sono state cedute o sono state date in affitto a imprese più grandi. Il trend si conferma analizzando le giornate lavorative che dalle 320 mila del 2009 sono diventate 367mila nel 2011 e, secondo le proiezioni di fine anno, saranno 380 mila nel 2012.
È questo un dato che Confagricoltura, associazione datoriale più grande d’Italia a cui sono iscritte il 40% delle imprese rurali astigiane, segnala con forza. I campi sono oggi la più grande fonte di lavoro che c’è nel nostro Paese, in fortissima controtendenza rispetto a tutti gli altri campi imprenditoriali.
L’agricoltura dà ancora lavoro e reddito a tanta gente e, se adeguatamente aiutata e potenziata magari sburocratizzandola dai mille legacci, potrebbe avere uno sviluppo migliore.
Per quanto riguarda la superficie del vigneto astigiano, una voce importante nel quadro
agroecononomico provinciale, essa è calata di oltre 10 punti in percentuale negli ultimi 10 anni. Per la prima volta l’Astigiano, con 14.500 ettari coltivati a vite, il 12% in meno rispetto all’anno scorso, non è il territorio più vitato del Piemonte, è stato superato da Cuneo.
In chiusura il numero delle imprese agricole; in totale quest’anno sono 5892 (2012) erano 6011 nel 2011. Il calo è dovuto al mancato ricambio generazione, ma anche al ridimensionamento aziendale che, come abbiamo visto, non fa, però, perdere superficie coltivabile.
 
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