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martedì 10 dicembre 2013

Troppe 66 Doc vinicole in Piemonte, ne basterebbero 23



Proposta tecnica da parte del Comitato per la celebrazione del 50° anniversario della legge Desana: una drastica revisione che semplifichi e faciliti i commerci mondiali

 
In tanti anni in cui mi sono occupato giornalisticamente di vini, in particolare di quelli piemontesi, spesso mi è venuto il dubbio che si stesse esagerando nel far nascere continuamente nuove Doc, in molti casi relegate a piccolissime "enclave"  viticole e altrettanto minuscole produzioni, non sempre particolarmente qualificate, anche se c'è qualche eccezione "di nicchia" come lo splendido Loazzolo. 
C'era di mezzo, inutile negarlo, la politica e anche la forte frammentazione campanilistica tra i vari territori, che ha portato a voler distribuire "contentini" un po' ovunque, anche dove francamente non sembrava il caso.
Da molto tempo ho rilevato nei miei scritti su varie testate, dal cartaceo all'on-line, che questo proliferare di denominazioni rischiava di creare non poca confusione sul mercato e nel consumatore finale e purtroppo così è stato, quindi mi fa molto piacere che altri esperti ben più qualificati del sottoscritto, sia dello stesso parere . e si siano attivati per ridurre sensibilmente queste Doc e Docg in base a parametri oggettivi e non difficili da individuare, Questo potrebbe indubbiamente giovare al vino piemontese, in particolare in ambito del mercato internazionale, ma non farebbe male alla maggiore diffusione di molti vini anche in Italia, dove sono praticamente sconosciuti.
 Dal momento che conosco abbastanza bene il contesto, temo che sarà molto dura eliminare così tante denominazioni, ma se qualcuno non comincia c'è il rischio oggettivo di vederne nascere altre, perfettamente inutili e se vogliamo anche un po' dannose......
a.s.

 

Il sistema delle doc e docg del Piemonte deve essere profondamente revisionato, correggendo situazioni anacronistiche e incompatibili e soprattutto mettendo gli operatori del settore in condizione di utilizzare al meglio le comunicazioni commerciali. Questa è un’opinione diffusa, di cui si è fatto carico il Comitato di esperti che quest’anno ha realizzato un programma di celebrazioni e un libro sul 50° anniversario della prima legge italiana sulle denominazioni d’origine.

Presentata ufficialmente ad una manifestazione della Regione Piemonte, la proposta del Comitato (coordinatore è Andrea Desana) prefigura dettagliatamente un nuovo sistema, articolato su 4 tipi di denominazione:

1)     le “premium” cioè quelle prevalentemente indirizzate all’esportazione (Asti, Barbaresco, Barolo, Gavi, Moscato d’Asti) tendenzialmente in crescita verso i 130 milioni annui di bottiglie; la proposta prevede che ai 5 vini se ne aggiunga un sesto (Barbera d’Asti, nella denominazione “Nizza”);

2)     una fascia di 9 altre doc, prevalentemente limitate alla diffusione nazionale (circa 165 milioni annui di bottiglie tendenzialmente in riduzione verso 150 milioni);

3)     le “terroir” cioè quelle destinate ad un’area interregionale (35 doc attuali per complessivi 5 milioni annui di bottiglie) che il Comitato propone di ricondurre all’unica doc Piemonte;

4)     infine un limitato numero di 7 doc “speciali” (per un milione di bottiglie) considerate da collezione.

 

In sostanza dai 58 decreti istitutivi delle doc attuali scaturiscono ben 66 diverse denominazioni in etichette (per giunta con tante altre sottodenominazioni e specificazioni), quindi una massa esagerata di denominazioni, che il consumatore italiano e il mercato mondiale non potrà mai memorizzare nel suo complesso. Il Comitato propone quindi una drastica riduzione a sole 23 denominazioni: gli spumanti Asti e Alta Langa; i bianchi Gavi e Arneis; i rossi Barbaresco, Barbera d’Asti, Alba, Barolo, Carema, Gattinara, Ghemme, Ruchè di Castagnole Monferrato, inoltre le tre Piemonte, Langhe, Monferrato che possono essere sia bianchi che rossi; infine gli aromatici Brachetto d’Acqui, Caluso Passito, Loazzolo, Moscato d’Asti, Strevi.

E’ un progetto articolato e complesso, pubblicato integralmente in questi giorni sulla rivista Barolo & Co. (www.baroloeco.it), su cui inizia ora la discussione. Si registra fin d’ora il sostanziale consenso di qualificati ambienti rappresentativi della produzione vinicola piemontese.

 

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