La candidatura “CULTURA DEL TARTUFO”
PATRIMONIO IMMATERIALE UNESCO è
stata presentata venerdì 23 settembre alle ore 12 presso la Sala Giunta
Regionale con la relazione del prof. Piercarlo Grimaldi, Rettore
dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche. Sono intervenuti: Stefania
Baldinotti funzionario Mibact, Antonella
Parigi Assessore Regionale alla Cultura e al Turismo, Stefano Colmo
responsabile delle Relazioni Istituzionali di Slow Food e Segretario Generale
Fondazione Terra Madre, Michele Boscagli
Presidente dell’Associazione Città del Tartufo e Antonio Degiacomi Presidente
del Centro Nazionale Studi tartufo di Alba.
L’Unesco, istituzione internazionale d’eccellenza
impegnata nella valorizzazione e preservazione dei patrimoni materiali
dell’umanità, ha redatto nel 2003 la prima lista mondiale dei patrimoni
culturali orali e immateriali. Essi sono “le prassi, le rappresentazioni, le
espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti,
i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi” (Convenzione per
la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, art. 2) e rappresentano
un elemento fondamentale distintivo della cultura e dell’identità di una
comunità e di un territorio.
La candidatura negli anni è stata portata avanti
dal Centro Nazionale Studi Tartufo che ha sede ad Alba e dall’Associazione
nazionale Città del tartufo con due importanti partner scientifici quali
l’Università di Scienze gastronomiche e l’Università di Siena. Si è voluto
risalire oltre l’intensa promozione commerciale, i testimonial, l’utilizzo del
prodotto nella ristorazione di prestigio in tutto il mondo che hanno
felicemente caratterizzato gli ultimi anni, contribuendo alla valorizzazione
turistica di molte aree in Italia. Si sono volute documentare e analizzare
antropologicamente le conoscenze orali e gestuali e le narrazioni intimamente
connesse al tartufo attraverso interviste etnografiche raccolte lungo molte
regioni italiane, dal Piemonte alla Campania, passando per la Lombardia, la
Toscana e l’Umbria negli ultimi venticinque anni, completate dalla ricerca
bibliografica e d’archivio. L’obiettivo
della candidatura, che prende il nome di Cultura del Tartufo, è quello di
certificare e formalizzare, difendere e tramandare il “mito del tartufo”, non
solo come frutto dall’inestimabile valore, ma simbolo di una storia di rapporti
tra uomo, natura, animale e tradizione.
Alla base del fascino
del Tartufo c’è la ricerca. Nella notte, in aree boschive, nella
segretezza assoluta, uomini preceduti dal loro cane, fendono le brume notturne
cercando riferimenti tra le piante alla ricerca di un albero che
l’anno precedente ha garantito una raccolta fortunata.
Pratiche e
informazioni su luoghi propizi sono spesso tramandate di generazione in
generazione verbalmente o al massimo annotate su quaderni o agende assolutamente
non divulgabili. Il tartufo è lusso e ristoranti di tendenza, cene memorabili e
profumi indescrivibili, ma tanto del suo fascino si perderebbe se non ci fosse
la cerca, non la semplice raccolta, come succede per le più comuni specie
vegetali.
La cerca è un gesto
individuale, vissuto in simbiosi con il cane, è intuito e fortuna, conoscenza
della delicata pratica dell’estrazione che avviene con il solo ausilio di uno
strumento specifico per tipologia di terreno: in Piemonte si usa un particolare
zappino mentre nell’area centro – sud un vanghetto.
La cerca del tartufo è
un rito talmente impresso nel genius loci delle sue terre da renderlo parte
integrante della cultura più intima del territorio.
La ricerca del
tartufo: un patrimonio complesso di saperi, di tradizioni, di convenzioni non
scritte che nascono come pratica di raccolta per diventare molto di più. Il
cercatore ha un rapporto elettivo con il proprio cane, il “suo” bosco, i suoi
segreti. Quando il cane inizia a “segnare” un punto specifico, il trifolao si
china, raccoglie la terra, la annusa per verificare se il profumo di tartufo è
forte e quindi il tartufo vicino, ma non sfugge un gesto altamente simbolico:
la condivisione di un odore ancestrale, il ritorno ad un’epoca in cui il
rapporto con la terra era proprio della condizione umana.
“La tradizione della
raccolta del tartufo bianco, spontaneo e di libera ricerca, è un prodotto
culturale nazionale, lo si fa in tutta Italia, pur con declinazioni
tradizionali diverse da luogo a luogo – sottolinea Antonio Degiacomi,
Presidente del Centro Nazionale Studi tartufo e Michele Boscagli Presidente
dell’Associazione Città del Tartufo -. A partire dalla cultura del tartufo
che ci proviene dalla tradizione vorremmo che si rinnovasse e aumentasse la
coscienza della necessità di difendere il patrimonio naturale, che assomma
piante simbionti, suolo, clima, ambiente idrogeologico e che riguarda
istituzioni, proprietari di fondi, cercatori. È un aspetto strategico per il
futuro del prodotto e delle terre che lo generano che la candidatura può
favorire.”
"La candidatura del tartufo a patrimonio
immateriale Unesco ha un'importanza rilevante in termini di ampiezza
territoriale. Tredici le regioni coinvolte, che condividono gli stessi valori
culturali che sottendono al riconoscimento del tartufo come simbolo di unicità
e contemporaneamente di unità nazionale, dal Piemonte alla Sicilia". Così
l'assessore alla cultura e al turismo della regione Piemonte Antonella Parigi,
che aggiunge quanto sia "grande la soddisfazione per il contributo messo a
disposizione dal territorio piemontese, forte della sua tradizione e
dell'attività di ricerca: l'Università di scienze gastronomiche di Pollenzo e
la Fiera del tartufo bianco di Alba sono eccellenze internazionali".
Il Piemonte oltre ad
annoverare 4000 cercatori paganti tesserino ha inoltre una rete di tartufaie
didattiche o sperimentali disseminate su tutto il territorio.
“I saperi
materiali e immateriali connessi alla raccolta del tartufo costituiscono un
complesso patrimonio orale, di gesti e parole che appartengono soprattutto alle
generazioni più anziane” spiega il prof. Piercarlo Grimaldi, Rettore e Professore
ordinario di Antropologia Culturale presso l’Università degli Studi di Scienze
Gastronomiche.
“Questi saperi oggi a rischio di estinzione,
vanno raccolti, archiviati e comunicati al fine di consegnare alle future
generazioni queste preziose conoscenze altrimenti destinate all’oblio, al fine
di dare nuova energia ad un territorio e ai territori coinvolti ed alla loro
gastronomia. A partire da queste considerazioni, L’università degli Studi di
Scienze gastronomiche ha partecipato alla realizzazione del progetto della
Candidatura della Cultura del Tartufo quale patrimonio immateriale
dell’Umanità, predisponendo un libro ed un filmato che mettono in luce in modo
approfondito e cognitivo, la cultura del tartufo” .
Fondamentale l’appoggio di Slow Food che arriva
nei giorni di Terra Madre a Torino dalle parole di Stefano Colmo: “Lo
sdoganamento della gastronomia e della cultura materiale contadina al pari di
quella fino ad oggi considerata ‘alta’ è una sfida per il futuro”.
Contatti
Associazione Nazionale Città del Tartufo
Presidente Michele Boscagli - 340.9027891
Direttore Antonella Brancadoro - 338 7169874
|
Associazione per il Centro Nazionale Studi
Tartufo
Presidente Antonio Degiacomi 348 4991005
Direttore Mauro Carbone 3357535050
Info@tuber.it
|
l'affollata conferenza stampa |
Stefania Baldinotti, Mibact-UNESCOAntonio Degiacomi Presidente del Centro Nazionale Studi tartufo di Alba |
Antonella Parigi, assessore Cultura e Turismo Regione Piemonte
Stefano Colmo responsabile Relazioni Istituzionali Slow Food e Segretario Generale Fond. Terra Madre |
Completi vivissimi, iniziativa dovuta per l'eccellenza dei boschi italiani. Splendido post che mette in luce il lavoro e la passione del binomio cane-uomo spesso messo un po' da parte dalla cultura tartufo.
RispondiEliminaRicordiamoci che tutta la filiera tartufo inizia dal cane che ha un uomo che lo segue...