Le cantine turistiche del Movimento Turismo del Vino triplicano e diversificano l’offertaper i viaggiatori eno-appassionati. Determinante il ruolo delle donnenelle cantine turistiche delle Donne del Vino, ma non mancano le criticità
I Comuni Città del Vino confermano il loro ruolo
centrale nello sviluppo dell’enoturismo
Presentato a Vinitaly il 3 aprile con la ministra Daniela Santanchè la
più grande indagine mai realizzata sul turismo del vino in Italia: 265
cantine e 145 comuni di distretti enologici che fotografano un turismo che
accelera, con l’aumento nel numero e nelle tipologie delle esperienze offerte.
A Verona, il 3 aprile di 30 anni fa nasceva il Movimento Turismo
del Vino, la prima associazione sull’enoturismo e oggi Città del
Vino, Donne del Vino, La Puglia in Più e il Movimento celebrano
l’anniversario mostrando gli spettacolari dati di crescita di questo comparto.
L’indagine a cura di Nomisma - Wine Monitor diretta da
Denis Pantini e realizzata da Roberta Gabrielli e Paola Piccioni va a
costituire l’Osservatorio sul turismo del vino ed è la più estesa mai
realizzata in Italia.
«Le eccellenze italiane, come il vino, sono un forte traino per il turismo:
un settore che può dare grandi possibilità occupazionali ai nostri giovani - ha
detto il Ministro del Turismo Daniela Santanchè - Anche per
questo dobbiamo investire nella loro formazione e per questo in legge di
bilancio abbiamo istituito un fondo di 21 milioni di euro». «Lavorare nel
comparto turistico richiede sacrificio - ha proseguito il Ministro - che va
ricompensato. Per questo stiamo pensando con il ministro Calderone come
sostenere le aziende». E ancora: «L’enoturismo cresce perché è legato a un’esperienza,
vuol dire poter camminare nei vigneti: per vedere la vendemmia arriveranno 10
milioni di visitatori. Ma c’è ancora tanto da fare: primo la cartellonistica
appropriata, poi potenziare il digitale e destagionalizzare il turismo per
stabilizzare anche i lavoratori. La promozione è ancora troppo frammentata,
deve essere organizzata: dobbiamo avere la capacità di fare rete».
A lei si unisce Dario Stefàno, docente di Economia delle
imprese turistiche all’Università Lumsa e di Enoturismo alla Luiss Business
School, a cui si deve il riconoscimento normativo sulle cantine
turistiche del dicembre 2017: «Riempie di soddisfazione constatare come
l’introduzione di una normativa agile ma puntuale, abbia messo le ali agli
investimenti nelle cantine turistiche italiane che, negli ultimi 10 anni, hanno
raddoppiato e in certi casi triplicato l’offerta di esperienze prevedendo
intrattenimento, pasti, pernottamenti, serate a tema, esperienze legate al
vino, allo sport e alla cultura».
IL RUOLO DA PROTAGONISTE DELLE DONNE NELL’OFFERTA E NELLA DOMANDA
ENOTURISTICA
Donatella Cinelli Colombini, che 30 anni fa creò Cantine aperte e il
Movimento Turismo del Vino, si unisce alla presidente delle Donne del Vino,
Daniela Mastroberardino, per evidenziare il ruolo femminile. Infatti, benché le
cantine turistiche italiane siano dirette soprattutto da uomini (55%), il
management della wine hospitality è soprattutto femminile (73%).
La wine hospitality delle Donne del Vino si differenzia per una maggiore
diversificazione dell’offerta: non solo vino, ma anche attività legate al
benessere, alla ristorazione (28%) e ai corsi di cucina (40%), alla ricettività
(36%), allo sport (piscine 15%) e all’organizzazione di visite a luoghi
limitrofi o di collegamento a eventi culturali (50%). In altre parole, le donne
stanno efficacemente trasformando l’attrattiva vino in una proposta di
soggiorno di uno o più giorni con attività legate all’arricchimento culturale e
alla rigenerazione che ha origine nella natura.
«Una proposta di turismo pensata come un’esperienza culturale attiva e
coinvolgente – dicono Cinelli Colombini e Mastroberardino - Ora dobbiamo
puntare a formare addetti sempre più competenti e preparati all'accoglienza: un
visitatore soddisfatto diventa un autorevole brand Ambassador di territorio e
prodotto».
LE TIPOLOGIE DI CANTINE TURISTICHE ITALIANE
La tipologia di cantina turistica più diffusa in Italia è quella piccola e
familiare (39%) che appare particolarmente presente in Campania, Puglia e
Umbria. Seguono le cantine con rilevanza storica o architettonica (14%) che
hanno le percentuali più alte in Veneto e in Piemonte. Le imprese con marchio
famoso o storico sono il 12% del totale e sono particolarmente diffuse in
Veneto e Sicilia.
Piemonte, Toscana, Friuli e Sicilia si caratterizzano per imprese del vino
con particolari bellezze paesaggistiche e naturalistiche (11%) mentre in Puglia
e in Umbria è più alta la quota di cantine ben organizzate per l’incoming.
«Siamo molto soddisfatti – sottolinea Nicola D’Auria,
Presidente nazionale Movimento Turismo del Vino – della crescita dei servizi
enoturistici avvenuta negli ultimi 10 anni. E speriamo che tutte le Cantine del
Movimento, comprese quelle lontane da itinerari e flussi turistici consolidati
– criticità emersa in modo chiaro dalla ricerca – possano contribuire a
risvegliare e coinvolgere i diversi territori. Ma un dato emerge in modo chiaro
e incontrovertibile: se prima il turismo del vino viaggiava spedito, ora corre
velocissimo. E non c’era notizia migliore per celebrare il 30° compleanno della
nostra associazione».
LE CRITICITÀ DELL’ENOTURISMO ITALIANO
L’indagine evidenzia due elementi critici: il 44% delle cantine sono
lontane dai circuiti turistici o enoturistici, problema particolarmente
evidente in Friuli Venezia Giulia, Umbria e Campania. Inoltre, la metà delle
cantine chiude al pubblico nel fine settimana e nei giorni festivi. Chiusura
che riguarda anche molti uffici turistici, costituendo un serio problema
rispetto ai flussi dei visitatori che sono invece concentrati nei giorni di
festa.
CITTÀ DEL VINO ED ENOTURISMO
«Essere Città del Vino rappresenta sempre più un valore aggiunto –
sottolinea il presidente di Città del Vino, Angelo Radica a
commento del 19esimo Osservatorio sul turismo del vino, il secondo realizzato
da Nomisma Wine Monitor - proprio per una maggiore consapevolezza che hanno gli
amministratori locali delle buone pratiche da promuovere in favore dello
sviluppo del turismo del vino; il rapporto ci conferma che chi amministra una
Città del Vino matura nel tempo una maggiore sensibilità e capacità di
intervento e programmazione».
Per i 145 sindaci intervistati, infatti, essere Città del Vino significa
promuovere e valorizzare il vino e la sua cultura (per il 76%); essere
all’interno di una rete, di un progetto condiviso per poter creare strategie di
marketing turistico (65%); avere una capacità di raccontare e di creare
occasioni di promozione del territorio, dei suoi prodotti e delle sue aziende
(48%).
Il Rapporto evidenzia anche gli ambiti in cui i Comuni possono migliorare
per favorire l’enoturismo: potenziamento degli uffici di informazione turistica
e loro apertura nei giorni festivi; sostegno alla formazione del personale
anche per gli uffici pubblici in materia enoturistica; dotazione di strumenti di
pianificazione urbanistica e territoriale; maggiore condivisione delle
collaborazioni e fare sempre più rete.
Nella foto da sinistra: Paolo Corbini e Angelo Radica (Città del
Vino), Nicola D’Auria (Movimento Turismo del Vino), Roberta Gabrielli
(Nomisma), Daniela Santanchè (Ministra Turismo), Dario Stefàno (Docente
enoturismo Luiss), Donatella Cinelli Colombini e Daniela Mastroberardino
(Donne del Vino).
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