Tendenzialmente non sono un nostalgico, ma mi fatto molto piacere, domenica 28 agosto, ritornare per qualche ora nell'atmosfera vendemmiale delle uve moscato di un tempo. La ricostruzione storica è stata curata dal Consorzio dell'Asti e del Moscato d'Asti, con la collaborazione del Comune, Pro Loco Villanuova e Gruppo Militari Assedio di Canelli, per realizzare riprese televisive che raccontano di un mondo contadino ormai scomparso, per festeggiare i 100 milioni di bottiglie prodotte sommando i due vini "figli" dello stesso antico vitigno autoctono che, non a caso, si chiama "Moscato di Canelli".
Ai giovani sembrerà un passato molto remoto, ma in fin dei conti si parla di poco più di cinquant'anni fa, quando bambino vedevo salire i carri colmi di uve nel centro storico di Canelli dove avevano sede buona parte delle cantine. I camion ed i trattori si stavano facendo largo, specie dal secondo dopoguerra, nel loro utilizzo che sarebbe poi diventato esclusivo, ma erano ancora numerosi i carri trainati dai cavalli e dai buoi. Questi ultimi sono ormai scomparsi da tempo, quasi tutte le cascine, fino agli anni 50/60, ne avevano almeno uno che veniva utilizzato per i lavori agricoli e per spostare i carri. Nella stalla, di cui tutte erano dotate assieme al fienile, c'erano anche le mucche, per produrre il latte e il formaggio. Ora sono solo più presenti negli allevamenti specializzati da carne o da latte. Per questo "revival" è stato possibile reperire cavalli da tiro e carri perchè c'è ancora qualche appassionato che mantiene queste tradizioni e anima le feste nelle varie località piemontesi e non solo.
Le vecchie ceste di vimini o altri legni come il castagno, sono diventate anch'esse in pochi anni degli autentici pezzi da museo, sostituite rapidamente dalle cassette in materiale plastico. E' ovvio che queste ultime hanno solo dei pregi: sono leggere, maneggevoli, facilmente lavabili, ma vedere dopo tanto tempo molte ceste ormai "d'epoca" schierate su un carro mi ha fatto tornare indietro negli anni felici della gioventù, ricordando in particolare una vendemmia non distante da casa mia, dove in una vigna dalle pendenze impossibili si raccoglieva l'uva con quelle ceste e poi si portavano a spalle sulla strada, dove aspettava il placido bue con l' "arbe" nel quale si vuotavano direttamente i grappoli.
LA SOMA D'AJ e l'uva moscato
Alle giovani generazioni, che spesso rifuggono l'aglio come i vampiri, quelle fette di pane (grissia) sfregate con l'aglio e mangiate abbinandole ai dolci grappoli di moscato forse non piaceranno. Ma questo era un cibo tra i più ambiti e gustosi della tradizione contadina. Un tempo l'olio d'oliva in Piemonte era un lusso e qualche volta veniva sostituito da quello di noci, era un tocco in più per insaporire il pane, ma nessuno si preoccupava più di tanto se non c'era, l'abbinamento con l'uva era perfetto (provare per credere) e nutriente per affrontare le fatiche vendemmiali. Pan os d'aj e muscatel come si dice in piemontese rimane comunque un pezzo di storia e viene ancora proposto, sia pure saltuariamente, in qualche sagra di paese o da locali attenti alle antiche tradizioni.
Nessun commento:
Posta un commento