Presentato il XVI Rapporto sull’enoturismo nel
Belpaese. Nel 2019: + 7% di visitatori, passati da 14 a 15 milioni; e + 6% di
giro d’affari, passato da 2,5 a 2,65 miliardi di euro
Nel 2020, inevitabilmente, si sconteranno gli
effetti del Covid-19, ma si lavora con grande impegno perché sia una temporanea
battuta d’arresto. Si studia la ripartenza con nuove modalità – anche per Calici
di Stelle, in programma ad agosto – ma il futuro passa attraverso nuovi
servizi, anche virtuali, e un’accessibilità ai territori ampia e di qualità,
con sentieri, piste ciclabili, itinerari culturali-enogastronomici e una nuova
alleanza tra pubblico e privato.
Il presidente Floriano Zambon: “Estendere e
rendere più incisive la detraibilità o almeno la deducibilità della spesa
turistica delle famiglie. Ma soprattutto prevedere nuovi fondiper riqualificare
i territori e per la promozione. Ruolo strategico delle istituzioni locali per
il rilancio: l’enoturismo è patrimonio economico, sostenibile e culturale”
Nuovi fondi per riqualificare l’accessibilità ai
territori, rendendoli più fruibili e sicuri, con finanziamenti certi e
tempestivi. Ma anche una più incisiva detraibilità o almeno deducibilità della
spesa turistica – ed enoturistica – per il 2020 estesa ancheal 2021 e un
riconoscimento concreto al ruolo guida dell’enoturismo per la ripartenza e la
rinascita dell’Italia “minore” dei borghi e delle campagne, dove s’intrecciano
le offerte d’esperienza e tempo libero di migliaia di Comuni, a partire dalle
460 Città del Vino, la più importante e numerosa rete di Città d’Identitànel
nostro Paese.
L’Associazione Nazionale Città del Vino fondata a Siena nel 1987, che ieri ha
presentato in webinar il “XVI Rapporto sul Turismo del Vino in Italia”,
è il naturale candidato ad accompagnare una nuova alleanza pubblico-privata tra
istituzioni locali, cantine e sistema ricettivo perla ripresa di un comparto che
valeva nel 2019 oltre 2,65 miliardi di euro e 15 milioni di enoturisti. E che
nel 2020 subirà una forte battuta d’arresto, anche se l’estate con la
riscoperta della campagna e dei borghi minori, più congeniali alla nuova
vacanza “protetta”, potrebbe risvegliare l’interesse per tantissimi italiani
verso una forma di turismo ancora a molti sconosciuta, tra vigne, degustazioni
all’aperto e piazze bellissime e non affollate.
“Va bene lo sviluppo di servizi e contenuti
virtuali che la rete digitale ci può offrire, come tutti abbiamo visto in
questi mesi, ma parallelamente dobbiamo lavorare su una nuova accessibilità dei
territori: ambienti concreti e reali che vanno resi più fruibili e sicuri - ha
dichiarato il presidentedi Città del Vino,Floriano Zambon -. Questo comporta
lanecessità di riqualificare e creare nuovi sentieri, piste ciclabili, percorsi
enoturistici, segnaletica,itinerari ed esperienze culturali, ma anche
infrastrutture di servizio e connessioni digitali adeguate ai territori più
rurali e svantaggiati dal digital divide. Nell’immediato le cantine si
stanno organizzando per superare la fase di ripartenza, ma per il futuro non
possiamo pensare che lo sviluppo enoturistico ricada soltanto sulle spalle e
sulle risorse dei produttori. Anche le istituzioni locali devono essere messe
in condizioni d’esercitare il loro ruolo oggi più strategico che mai per lo
sviluppo di un turismo del vino ancora più intelligente, sostenibile e
rassicurante, che raccolga le nuove sfide e vada nella direzione della nuova
agenda economica, più rispettosa dell’ambiente e delle comunità. L’attuale
crisi economica e i limiti della globalizzazione saranno superati con il ruolo
forte degli Stati e dei governi. Allo stesso modo – conclude Zambon – lo
sviluppo locale, anche enoturistico, vedrà un impegno più forte e incisivo
delle istituzioni dei territori, dalle Regioni fino ai Comuni”.
Impossibile non considerare l’enoturismo come
volano di benessere e rinascita dei territori “minori” del Belpaese. Un
comparto che nel 2019 è cresciuto del 7% in termini di presenze, arrivate a
15milioni (erano 14 nel 2018), e di giro d’affari con un +6% che fa crescere il
“fatturato” a 2,65 miliardi di euro (erano 2,5 nel 2018); questi in sintesi i
dati economici del XVI Rapporto sul Turismo del Vino in Italia curato da Città
del Vino in collaborazione con lo staff del Corso di “Wine Business”
dell’Università di Salerno, presentato ieri in diretta web dal professor
Giuseppe Festa, coordinatore
dell’Osservatorio sul Turismo del Vino, in una sessione online che ha visto gli
interventi - oltre che del presidente Floriano Zambon - di Donatella Cinelli
Colombini, Presidente Nazionale “Donne del Vino”; di Roberto Cipresso,
winemaker e commissario del Concorso Enologico Internazionale Città del Vino; e
dei coordinatori delle Città del Vino di Veneto, Piemonte e Sicilia,
rispettivamente Benedetto De Pizzol, Stefano Vercelloni e Corrado Bonfanti.
Il XVI Rapporto – I Comuni Città del Vino
“Lo studio dimostra ancora una volta lo standard
più elevato di qualità delle Città del Vino nell’accoglienza enoturistica – ha
commentato il presidente Floriano Zambon – e questo favorisce la
ripresa, finita la fase d’emergenza, perché siamo avvantaggiati da condizioni
ambientali, strutturali e di lunga esperienza che ben si adattano alla
rinnovata idea diun turismo lento, piacevole, sicuro e di prossimità. C’è
ancora molto da fare sui territori ma siamo già in linea con questo trend
di sostenibilità ambientale, economica e sociale, valori e obiettivi che sono
anche nell’agenda europea”.
Dall’analisi del Rapporto emerge che il 2019 è
stato l’anno con le performance più elevate per il turismo del vino in Italia, un
dato ricavato con interviste tra 80 Comuni (il 18,22% delle Città del Vino) e
92 cantine.
La fotografia sui territori ha registrato il
protagonismo dei sindaci e degli amministratori nell’animazione enoturistica.
Ad esempio il 40% dei Comuni intervistati (32 su 80) applica la tassa di
soggiorno e reinveste le entrate in comunicazione e servizi per il turismo.
Quello di Alba (Cn) li destina alla promozione di eventi, in particolare la
Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba; quello di Avola in Sicilia per
l’attivazione di un servizio di bus turistico; Aymavilles in Val d’Aosta per la
manutenzione della rete escursionistica; Conegliano (Tv) per il restauro del
castello; Piombino (Li) per l’ufficio IAT dedicato al turismo; Noto (Rg) per
gli eventi estivi Effetto Noto; e tanti altri Comuni Città del Vino.
Comuni che
nell’86% dei casi hanno realizzato uno
o più progetti per promuovere l’attrattività enoturistica del territorio e/o
migliorare i servizi offerti. Ad esempio ad Annone Veneto con nuove piste
ciclabili e azioni di sistema sul turismo lento; ad Avio con il Palio della
Botte “Uve e Dintorni”; a Caluso in Piemonte con Divino Canavese e la Festa
dell’Uva Erbaluce; a Castel Ritaldi in Umbria con la manifestazione“Fiabe
saporite”; a Donnas (Aosta) conil recupero di vigneti, resi in parte fruibili
ai disabili, tramite un finanziamento europeo sul progetto “RoutedesVignoblesAlpins”.
E tanti altri eventi e manifestazioni enoturistiche in tutta Italia.
Senza dimenticare l’evento più enoturistico dell’estate,Calici di Stelle,
organizzato da Città del Vino in collaborazione con il Movimento Turismo del
Vino (in oltre 150 piazze e borghi italiani) e che il prossimo agosto potrà
essere riproposto con una formula nuova in linea con le prescrizioni di
distanziamento fisico tra le persone.
Il giudizio dei Comuni
è positivo inoltre sulle carte dei vini di territorio proposte da ristoranti ed
enoteche: lo fa il 95% degli esercizi con una presenza di etichette locali del
65%. Reputa invece insufficiente la qualità delle infrastrutture di
collegamento (5,91 punti) e ha al suo attivo un ufficio turistico di promozione
locale solo in 6 casi su 10, che a sua volta misura arrivi e presenze solo in 3
casi su 10.
Il quadro delle cantine
Il XVI Rapporto ha analizzato anche un campione di 92 cantine italiane.
Le aziendehanno dichiarato una media di presenze nel 2019 di circa 3.700
enoturisti e un fatturato in cantina legato a vendite dirette e degustazioni di
132mila euro. Pressoché tutte (95-96%)
fanno vendita diretta, degustazioni e visite alla struttura; il 22% accoglie
“braccia” turistiche anche per la vendemmia; il 20% ha un servizio di
ristorazione; il 19% un museo del vino o una galleria d’arte interna alla
cantina; il 13% offre pernottamento; il 48% apre gli spazi al parcheggio dei
camperisti e dei turisti enplein air;
l’80% ha cantine accessibili ai disabili; il 40% ha vigneti aperti agli stessi
disabili; l’86% ha anche sale
degustazione accessibili; ma è molto meno accessibile il vigneto (42%) o il
pernottamento (11%). Nell’ambito dei servizi di ristorazione va segnalato
invece che il 24% dei ristoranti delle cantine offre cucina
vegetariana/vegana.
Tutte cantine
comunque ben presenti sul web con siti (96%), sui social network (95%), sui
portali turistici (52%), con possibilità di prenotazioni telematiche (64%) e app
per dispositivi mobili (26%). Gli enoturisti arrivano in cantina attraverso
internet nel 24% dei casi; tramite passaparola (21%); tour operator
(16%); pubbliche relazioni (16%); col marketing diretto nel 9% dei casi e con
la pubblicità (stampa radio e tv) solo nel 5% dei casi.
Comunque
nel 2019 nella percezione del 54,35% dei produttori che hanno risposto al
questionario del XVI Rapporto sul Turismo del Vino il flusso delle presenze
enoturistiche in azienda è aumentato, mentre nella percezione del 23,91% dei
rispondenti è perlomeno rimasto stabile.Il valore medio di tale aumento è stato
calcolato pari al 23,54%. Mentre il fatturato enoturistico sarebbe aumentato
per il 60% delle cantine e il valore medio di tale aumento sarebbe stato di
quasi il 21%.
Il
turista del vino italiano
Il XVI
Rapporto ha analizzato anche un campione di enoturisti di età media di 48 anni.
Il 45% ha dichiarato di visitare e trascorrere un periodo di vacanza nei
territori del vino almeno una volta l’anno; il 30% più di una volta l’anno; il
9% almeno una volta al mese. Ed è un turista del vino prevalentemente
“regionale” poiché il 30% rientra normalmente a casa a fine giornata e il 23%
rientra sempre a casa. Nel 60% dei casi i turisti hanno anche dichiarato
infatti di visitare più frequentemente le cantine della regione di residenza. Per
l’escursionista giornaliero la spesa si traduce mediamente in 80 euro tra
acquisti e degustazioni; mentre per chi pernotta la spesa giornaliera lievita
mediamente a 155 euro.
Infine
anche quest’anno la Toscana si conferma la regione enoturistica percepita come
più attrattiva; a seguire il Piemonte, il Trentino Alto-Adige e il Veneto al Nord
e la Campania al Sud.
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